Ecco come potrebbero essere andate le cose: la Atmosphere Entertainment MM e la Hollywood Gang Productions dopo il “successo” di 300 (2006) avevano ancora un po’ di – o forse proprio per questo ancora più – denaro da sperperare, così cavalcando l’onda di questo genere che si avvicina al Mito con il suo approccio ultramoderno (da leggere: caciarone e parecchio tamarro), si è affidata alla sceneggiatura scritta a 4 mani da due fratelli poco conosciuti (Vlas e Charley Parlapanides), ed ha poi consegnato il tutto ad un regista emergente come Tarsem Singh, il quale, avranno pensato, si dovrebbe sposare ottimamente con il progetto.
In effetti la carriera di Tarsem sebbene numericamente esigua – ma aggiungeteci parecchi spot e videoclip – ha rivelato un’attenzione alla forma a tratti davvero intrigante. Se The Cell (2000) si presentava alle resa dei conti opera spuntata e meritevole d’attenzione solo per gli interstizi onirici, ecco che con The Fall (2006) il regista indiano riusciva a trovare un prezioso equilibrio dove la narrazione teneva il passo della sfavillante cornice estetica.
Di anni ne sono passati 5 ed il Tarsem che ritroviamo oggi oltre a firmarsi con un cognome in più (Dhandwar), sembra essersi prostrato alle leggi del mercato. Quindi, nonostante Immortals (2011) mantenga una cifra visiva abbastanza personale, per molti versi, praticamente tutti i restanti, si palesa come ordinario cinema da pop-corn.
Per questo da un lato abbiamo ambientazioni ragguardevoli massicciamente pennellate con la computer grafica e dettagli che tutto sommato incuriosiscono (gli abiti dei cattivi), ma dall’altro bisogna fare i conti con un eroismo che da tradizione iuessei diventa super, e così lo spettatore deve subire la disintegrazione del contesto storico per favorire la superflua morale di fondo.
Nel senso che questo film potrebbe tranquillamente avere qualunque altro set posto in una qualunque altra epoca, con però un vincolo fondamentale: che ci siano i buoni, e per indispensabile completezza narrativa che ci siano anche i cattivi.
Perciò come era lecito attendersi la mitologia greca è solo un pretesto per inscenare una delle tante favolette hollywoodiane che spurgano bassa retorica in più e più frangenti, dai discorsi di Rourke innocui quanto quelli della Banda Bassotti, alla penosa arringa Gibson-style di Teseo che si accaparra i favori del battaglione.
Inevitabilmente debitore del già citato film di Snyder, si veda l’impronta “fumettosa”, il laccato patriottismo, la morfologia fisica dei guerrieri (tutti dei palestrati), la spettacolarizzazione dei combattimenti qui implementata finanche cablata da e per il 3D, Immortals è desolatamente cinema da intrattenimento, e dispiace perché Tarsem non meriterebbe di finire nel calderone dei pasticci a stelle e strisce, ma tant’è pare che ormai stia perseverando, è infatti in arrivo per il 2012 una trasposizione di Biancaneve intitolata Mirror Mirror. Wow, a dir poco deprimente.
Comunque ancora complimenti ai nostri lungimiranti distributori, sui tre film di Singh hanno giustamente importato i due peggiori. Complimenti vivissimi.
In effetti la carriera di Tarsem sebbene numericamente esigua – ma aggiungeteci parecchi spot e videoclip – ha rivelato un’attenzione alla forma a tratti davvero intrigante. Se The Cell (2000) si presentava alle resa dei conti opera spuntata e meritevole d’attenzione solo per gli interstizi onirici, ecco che con The Fall (2006) il regista indiano riusciva a trovare un prezioso equilibrio dove la narrazione teneva il passo della sfavillante cornice estetica.
Di anni ne sono passati 5 ed il Tarsem che ritroviamo oggi oltre a firmarsi con un cognome in più (Dhandwar), sembra essersi prostrato alle leggi del mercato. Quindi, nonostante Immortals (2011) mantenga una cifra visiva abbastanza personale, per molti versi, praticamente tutti i restanti, si palesa come ordinario cinema da pop-corn.
Per questo da un lato abbiamo ambientazioni ragguardevoli massicciamente pennellate con la computer grafica e dettagli che tutto sommato incuriosiscono (gli abiti dei cattivi), ma dall’altro bisogna fare i conti con un eroismo che da tradizione iuessei diventa super, e così lo spettatore deve subire la disintegrazione del contesto storico per favorire la superflua morale di fondo.
Nel senso che questo film potrebbe tranquillamente avere qualunque altro set posto in una qualunque altra epoca, con però un vincolo fondamentale: che ci siano i buoni, e per indispensabile completezza narrativa che ci siano anche i cattivi.
Perciò come era lecito attendersi la mitologia greca è solo un pretesto per inscenare una delle tante favolette hollywoodiane che spurgano bassa retorica in più e più frangenti, dai discorsi di Rourke innocui quanto quelli della Banda Bassotti, alla penosa arringa Gibson-style di Teseo che si accaparra i favori del battaglione.
Inevitabilmente debitore del già citato film di Snyder, si veda l’impronta “fumettosa”, il laccato patriottismo, la morfologia fisica dei guerrieri (tutti dei palestrati), la spettacolarizzazione dei combattimenti qui implementata finanche cablata da e per il 3D, Immortals è desolatamente cinema da intrattenimento, e dispiace perché Tarsem non meriterebbe di finire nel calderone dei pasticci a stelle e strisce, ma tant’è pare che ormai stia perseverando, è infatti in arrivo per il 2012 una trasposizione di Biancaneve intitolata Mirror Mirror. Wow, a dir poco deprimente.
Comunque ancora complimenti ai nostri lungimiranti distributori, sui tre film di Singh hanno giustamente importato i due peggiori. Complimenti vivissimi.
Ahah, l'hai recensita anche tu questa monnezza? Io l'ho trovata davvero irritante, e pensa che se fatte con decenza le tamarrate mi piacciono pure. Pessimo.
RispondiEliminaCe l'ho lì tra le prossime visioni.
RispondiEliminaMi sa tanto che saranno bottigliate. ;)
Ero in buona fede però: credevo in Tarsem.
RispondiEliminaCredevo, ecco.
cafonata terribile.
RispondiEliminaammetto però che ci sono molte scene che, visivamente, mi hanno rapito, lo zampino di quel vecchio volpone di Tarsem :)
peccato davvero...