In Perù c’è un villaggio baciato dall’oceano. Puoi trovarci Miguel, pescatore e uomo di fede, che aspetta un bimbo da sua moglie Mariela. E puoi trovarci anche un pittore di nome Santiago che ha una relazione clandestina con il futuro padre in questione.
Fattori determinanti per la mia visione di Contracorriente (2009): passaggio al Sundance; 7.8 di media per 600 e passa votanti su IMDb; nazionalità sudamericana e nello specifico peruviana; opera prima del regista Javier Fuentes-León; curiosità verso il tema omosessualità nel mondo-cinema.
Controcorrente si presenta con questo biglietto da visita, e subito, fin dal primo fotogramma, incastra il racconto fra due estremi che dopo aver fatto un lunghissimo giro in tondo si ritrovano a due passi, praticamente attaccati: primo piano di un pancione gravido con la pelle materna tesa fino a diventare lucida, cambio scena ed ecco un corteo funebre che seguendo la tradizione locale getta la salma in un mare che Saviano definirebbe vero mare.
Le coordinate sono dunque queste, un principio e una fine che fanno da contenitore in cui freme la storia, nel mezzo erutta qualcosa di veramente grande come l’amore, e che sia fra due uomini poco ci importa. Ovviata una leggera ruggine iniziale nella "coppia" (non sono riuscito a crederli innamorati sul serio, pardon), la pellicola si eleva quando vira in direzione di uno degli estremi sopraccitati.
C’è un lirismo di fondo da far inumidire il ciglio, a pensarci il fatto che un fantasma possa essere visto soltanto dalla persona che ha amato in vita è una trovata stuzzicante, soprattutto se la persona in questione è un insospettabile marito che ha sempre fatto di tutto per nascondere la sua liaison. E si toccano apici di sincera tenerezza quando i due possono finalmente camminare in paese mano nella mano.
È un cinema che grazie anche all’ambientazione solare si percepisce schietto, veritiero, e non esita, comunque, a denunciare le difficoltà che una piccola comunità uscita come dalla penna dell’Allende ha nel prendere atto che un individuo così vicino a Dio e alla famiglia possa essere considerato prima un maricón e poi soltanto in seconda battuta un uomo.
Se trovare in un film così un piccolo vademecum dei pregiudizi sessuali non sorprendente poi tanto, cioè che centra il bersaglio è invece l’idea commovente che viene suggerita: dopo la vita non c’è la morte, c’è l’Amore.
Fattori determinanti per la mia visione di Contracorriente (2009): passaggio al Sundance; 7.8 di media per 600 e passa votanti su IMDb; nazionalità sudamericana e nello specifico peruviana; opera prima del regista Javier Fuentes-León; curiosità verso il tema omosessualità nel mondo-cinema.
Controcorrente si presenta con questo biglietto da visita, e subito, fin dal primo fotogramma, incastra il racconto fra due estremi che dopo aver fatto un lunghissimo giro in tondo si ritrovano a due passi, praticamente attaccati: primo piano di un pancione gravido con la pelle materna tesa fino a diventare lucida, cambio scena ed ecco un corteo funebre che seguendo la tradizione locale getta la salma in un mare che Saviano definirebbe vero mare.
Le coordinate sono dunque queste, un principio e una fine che fanno da contenitore in cui freme la storia, nel mezzo erutta qualcosa di veramente grande come l’amore, e che sia fra due uomini poco ci importa. Ovviata una leggera ruggine iniziale nella "coppia" (non sono riuscito a crederli innamorati sul serio, pardon), la pellicola si eleva quando vira in direzione di uno degli estremi sopraccitati.
C’è un lirismo di fondo da far inumidire il ciglio, a pensarci il fatto che un fantasma possa essere visto soltanto dalla persona che ha amato in vita è una trovata stuzzicante, soprattutto se la persona in questione è un insospettabile marito che ha sempre fatto di tutto per nascondere la sua liaison. E si toccano apici di sincera tenerezza quando i due possono finalmente camminare in paese mano nella mano.
È un cinema che grazie anche all’ambientazione solare si percepisce schietto, veritiero, e non esita, comunque, a denunciare le difficoltà che una piccola comunità uscita come dalla penna dell’Allende ha nel prendere atto che un individuo così vicino a Dio e alla famiglia possa essere considerato prima un maricón e poi soltanto in seconda battuta un uomo.
Se trovare in un film così un piccolo vademecum dei pregiudizi sessuali non sorprendente poi tanto, cioè che centra il bersaglio è invece l’idea commovente che viene suggerita: dopo la vita non c’è la morte, c’è l’Amore.
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