lunedì 11 giugno 2018

Our Curse

Hanno sicuramente avuto molto coraggio i coniugi Śliwiński per il loro Nasza klątwa (2013) perché è immaginabile una difficoltà di fondo nel lasciare che il cinema invada i propri drammi personali e che riprenda senza pietà alcuna il dolore e la sofferenza, quella fisica del neonato e quella intima dei genitori. Voglio però pensare che Tomasz Śliwiński abbia agito in buona fede, nel senso che il suo cortometraggio, passato da Locarno e arrivato perfino a Los Angeles, costruito come una videoconfessione di fronte alla camera/spettatore, sia stato pensato anche e soprattutto per farsi portavoce di tutti i padri e le madri che nelle notti lunghe e difficili si abbracciano forte chiedendosi perché sia capitato a loro. Da una tale angolazione Our Curse potrebbe avere un valore, per nulla cinematografico, intendiamoci, piuttosto sociale, quasi descrittivo e funzionale a far conoscere da vicino, seppur in un tempo ristretto, la via crucis di una coppia spaventata da un futuro quanto mai incerto.

Come appena scritto, si vuole credere all’onestà del regista, ma qui non siamo in un centro di ascolto per genitori con figli malati, ciò che ci interessa è il Cinema e di tale materia in Our Curse non vi è traccia perché se è vero che ogni film compie un atto etico nei confronti di chi guarda, nell’opera di Śliwiński l’etica è distrutta da quella che mi permetto di definire esibizione del dramma. La scomoda scena in cui il piccolo Leo viene imbozzolato per il cambio del respiratore è di un’atrocità insostenibile perché vera e cruda ma priva di “settima arte”, perché l’arte può e deve essere una cosa diversa, può essere un mezzo che rende la persona fruitrice differente da come era prima che iniziasse il processo artistico attraverso l’uso di codici che rimandano, che sostituiscono, che aprono, oppure può essere abile nell'immortalare la naturalità dell'oggetto (umano e non) senza farne uno show, la frontalità dello strazio invece non ci lascia alcun margine, ci inchioda, ci estranea dal suddetto processo, certo siamo umani e perciò profondamente toccati dalla storia, tuttavia di afflizioni e angosce varie ne è ricolma la nostra società iper-comunicativa, ergo: di Our Curse (ah, il titolo non mi piace per niente), e delle sue modalità espositive, scivolerà via tutto obbligatoriamente in fretta, questo film-diario è parso a chi scrive un lavoro fortemente sbagliato.

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