Hanno sicuramente avuto
molto coraggio i coniugi Śliwiński per il loro Nasza klątwa
(2013) perché è immaginabile una difficoltà di fondo nel lasciare
che il cinema invada i propri drammi personali e che riprenda senza
pietà alcuna il dolore e la sofferenza, quella fisica del neonato e
quella intima dei genitori. Voglio però pensare che Tomasz Śliwiński
abbia agito in buona fede, nel senso che il suo cortometraggio,
passato da Locarno e arrivato perfino a Los Angeles, costruito come
una videoconfessione di fronte alla camera/spettatore, sia stato
pensato anche e soprattutto per farsi portavoce di tutti i padri e le
madri che nelle notti lunghe e difficili si abbracciano forte
chiedendosi perché sia capitato a loro. Da una tale angolazione Our
Curse potrebbe avere un valore, per nulla cinematografico,
intendiamoci, piuttosto sociale, quasi descrittivo e funzionale a far
conoscere da vicino, seppur in un tempo ristretto, la via crucis di
una coppia spaventata da un futuro quanto mai incerto.
Come appena scritto, si
vuole credere all’onestà del regista, ma qui non siamo in un
centro di ascolto per genitori con figli malati, ciò che ci
interessa è il Cinema e di tale materia in Our Curse non vi è
traccia perché se è vero che ogni film compie un atto etico nei
confronti di chi guarda, nell’opera di Śliwiński l’etica è
distrutta da quella che mi permetto di definire esibizione del
dramma. La scomoda scena in cui il piccolo Leo viene imbozzolato per
il cambio del respiratore è di un’atrocità insostenibile perché
vera e cruda ma priva di “settima arte”, perché l’arte può
e deve essere una cosa diversa, può essere un mezzo che rende la persona
fruitrice differente da come era prima che iniziasse il processo
artistico attraverso l’uso di codici che rimandano, che
sostituiscono, che aprono, oppure può essere abile nell'immortalare
la naturalità dell'oggetto (umano e non) senza farne uno show, la
frontalità dello strazio invece non ci lascia alcun margine, ci inchioda, ci estranea dal suddetto processo, certo
siamo umani e perciò profondamente toccati dalla storia, tuttavia di
afflizioni e angosce varie ne è ricolma la nostra società
iper-comunicativa, ergo: di Our Curse (ah, il titolo non mi
piace per niente), e delle sue modalità espositive, scivolerà via
tutto obbligatoriamente in fretta, questo film-diario è parso a chi scrive un lavoro fortemente sbagliato.
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