mercoledì 2 marzo 2016

Pude ver un puma

Patrocinato dall’UCINE, un’università privata con sede a Buenos Aires, e diretto dall’argentino Eduardo Williams che al tempo aveva ventiquattro anni, Pude ver un puma (2011) è un film cavo, un pozzo su cui sporgere la nostra testolina per non riuscire a vederne il fondo. Non è banale metafora, dentro a questo corto aleggia qualcosa di incomprensibile: c’è l’evocazione di forme dell’anima arcane, puerili, vagabonde, a Williams non interessa la didascalia, e quindi, scadrò nella ripetizione ma non posso esimermi dal rimarcarlo, e quindi è proprio qui che prolifera l’unico cinema ancora capace di scuoterci, quello che abbandona la descrizione in favore della trasmissione attraverso codici propri della settima arte quale l’immagine che in taluni casi, e Pude ver un puma vi rientra di sicuro, risemantizza un procedere che se si fosse servito di usuali mezzi discorsivi si sarebbe auto-deprezzato. Mi pare che proprio qua, nel prendere coscienza di una possibilità incredibilmente più pura, più diretta e non schermata dalla canonicità di certi metodi appiattenti, si possa davvero esperire l’azione di vedere un film. Poi è chiaro, stiamo parlando di un piccolo lavoro girato da uno studente, eppure nonostante tutti i limiti del mondo il corto in oggetto ha il pregio capitale di accendere micce sotterranee. In questo buio artesiano io mi sento a casa.

Che cosa accada in Pude ver un puma non ci è dato saperlo, o meglio: non lo sappiamo a livello epidermico perché al contrario sul piano sensoriale un ipocentro occulto scatena forze sismiche. È ipotizzabile che Williams abbia colto in un quadro d’altroquando una discesa, una china che cominciando sui tetti di un edificio espone un progressivo annerimento scenico (la finta [o vera?] morte del ragazzino è sottolineata da un filtro che lentamente inizia a saturare di nero l’immagine), e dopo una caduta il passo successivo: le macerie, la distruzione di un paesaggio forse mentale (d’altronde il gruppo di giovani appare in balia del nulla) che propaga sensi con gli infrarossi, è cinema-rettile che striscia e si incunea dentro il cranio diffondendo un sibillino alone misterico. In un finale memorabile la presenza fantasmatica del puma si incarna nel non visto, l’inquietudine ferina bracca lo spettatore: siamo sicuri che quelle siano solo delle fronde sbattute dal vento?

5 commenti:

  1. sto corto è una bomba, quel finale me lo sono riguardato in loop più volte ! Williams è un grande, devi assolutamente recuperare El Auge del Humano, per me un piccolo capolavoro

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  2. Ho visto che ne hai parlato sul tuo blog e indubbiamente mi hai incuriosito. Quando e se uscirà nei circuiti che ben conosciamo non mi sfuggirà di certo.

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  3. Scrivimi tu se puoi: oltreilfondo@alice.it :)
    Sono senza internet e con il cell non riesco a visualizzare il tuo profilo.
    Grazie in anticipo!

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