Patrocinato dall’UCINE,
un’università privata con sede a Buenos Aires, e diretto
dall’argentino Eduardo Williams che al tempo aveva ventiquattro
anni, Pude ver un puma (2011) è un film cavo, un pozzo
su cui sporgere la nostra testolina per non riuscire a vederne il
fondo. Non è banale metafora, dentro a questo corto aleggia
qualcosa di incomprensibile: c’è l’evocazione di forme
dell’anima arcane, puerili, vagabonde, a Williams non interessa la
didascalia, e quindi, scadrò nella ripetizione ma non posso
esimermi dal rimarcarlo, e quindi è proprio qui che prolifera
l’unico cinema ancora capace di scuoterci, quello che abbandona la
descrizione in favore della trasmissione attraverso codici propri
della settima arte quale l’immagine che in taluni casi, e Pude
ver un puma vi rientra di sicuro, risemantizza un procedere che
se si fosse servito di usuali mezzi discorsivi si sarebbe
auto-deprezzato. Mi pare che proprio qua, nel prendere coscienza di
una possibilità incredibilmente più pura, più
diretta e non schermata dalla canonicità di certi metodi
appiattenti, si possa davvero esperire l’azione di vedere un film.
Poi è chiaro, stiamo parlando di un piccolo lavoro girato da
uno studente, eppure nonostante tutti i limiti del mondo il corto in oggetto ha il pregio
capitale di accendere micce sotterranee. In questo buio artesiano io
mi sento a casa.
Che cosa accada in Pude
ver un puma non ci è dato saperlo, o meglio: non lo
sappiamo a livello epidermico perché al contrario sul piano
sensoriale un ipocentro occulto scatena forze sismiche. È ipotizzabile che
Williams abbia colto in un quadro d’altroquando una discesa, una
china che cominciando sui tetti di un edificio espone un progressivo
annerimento scenico (la finta [o vera?] morte del ragazzino è
sottolineata da un filtro che lentamente inizia a saturare di nero
l’immagine), e dopo una caduta il passo successivo: le macerie, la
distruzione di un paesaggio forse mentale (d’altronde il gruppo di
giovani appare in balia del nulla) che propaga sensi con gli
infrarossi, è cinema-rettile che striscia e si incunea dentro
il cranio diffondendo un sibillino alone misterico. In un finale
memorabile la presenza fantasmatica del puma si incarna nel non
visto, l’inquietudine ferina bracca lo spettatore: siamo sicuri che
quelle siano solo delle fronde sbattute dal vento?
sto corto è una bomba, quel finale me lo sono riguardato in loop più volte ! Williams è un grande, devi assolutamente recuperare El Auge del Humano, per me un piccolo capolavoro
RispondiEliminaHo visto che ne hai parlato sul tuo blog e indubbiamente mi hai incuriosito. Quando e se uscirà nei circuiti che ben conosciamo non mi sfuggirà di certo.
RispondiEliminase vuoi mandarmi una mail...^^
RispondiEliminaScrivimi tu se puoi: oltreilfondo@alice.it :)
RispondiEliminaSono senza internet e con il cell non riesco a visualizzare il tuo profilo.
Grazie in anticipo!
fatto :)
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