Per Jaco Van Dormael Dio
è donna, così come il Nuovo Profeta. L’obiettivo che
il regista belga si è preposto con il suo quarto
lungometraggio è stato quello di rovesciare gli assiomi del
cristianesimo: ecco, non una cosa proprio da niente visto il
materiale che in fase di pre-scrittura doveva fronteggiare:
smitizzare i santi, giocare coi dogmi, detonare la sacralità,
il tutto senza ovviamente abbandonare il proprio stile oramai sempre
più riconoscibile, cinema che si eleva nell’infantilità,
esplorazione dei territori reconditi dell’immaginazione che tutto
può, con Van Dormael. Anche spodestare Dio, e per fare questo
si è avvalso di un impianto che opera sovvertendo: il Dio che
incontriamo è un uomo cattivo e sbruffone, un demiurgo che
gode delle sfighe altrui, un padre padrone qualunque. L’emersione
del contrasto tra ciò che è la nostra idea di divinità
e quella di Van Dormael ha i suoi effetti corroborati da scenette un
filo taglienti che si sviluppano una volta che Egli scende tra noi (i
ripetuti pestaggi, la goffaggine, l’incapacità di
trascendere la materialità: lui non cammina sull’acqua), ma
Le tout nouveau testament (2015) non può essere
limitato a questa lettura anche perché sebbene si potrebbe
vedere nella contro-evangelizzazione il motivo portante dell’opera,
con annessa ironia nemmeno troppo velata sul vuoto dietro e dentro la
religione, alla fine chi scrive non è rimasto poi tanto
impressionato dalla declinazione vandormaeliana di Dio che pur
divertente finisce per farsi vignetta, bidimensionalità
macchiettistica, e le accentature come il Gesù statuetta o il
sistema-Matrix in DOS che genera leggi-stereotipo seguono un medesimo
andazzo: divertentismi evidenti, ciliegine comunque spolpate.
Non è quindi il
racconto di superficie a calamitare lo spettatore, ciò che si
deve però evidenziare è ancora una volta il
metodo di Van Dormael che, come ci aveva fatto vedere in occasione di
Mr.Nobody (2009), è ormai capace di manipolare come
desidera (e anche come desidera una semplice persona che guarda:
banalmente: essere stupiti dalla visione) i processi narrativi che
con lui germogliano incessantemente dando vita ad una scatola magica
che riporta tutto ad una dimensione di perduto e qui ritrovato
incanto. Ergo, è tutto bellissimo: l’applicazione del
proprio metodo alla riscrittura della Sacra Scrittura è
l’ennesima occasione per sgomitolare un filo di storie incredibili
dove Van Dormael pesca da un cilindro senza fondo una quantità
di trovate estetiche funzionali all’irrealtà rappresentata.
Si gode parecchio nell’assistere al film e c’è conforto
nel prendere atto che dopo millenni di storie la nostra coscienza
emotiva può essere ancora stimolata da una storia, in
fondo tutta la questione di Dio ivi imbastita passa agevolmente in secondo piano, a mano a mano che facciamo conoscenza con i
sei apostoli c’è solo un aspetto che reclama urgente
attenzione: è l’umano, quindi la vita, che nella prospettiva
di Van Dormael arriva ad una riconciliazione attraverso l’amore.
Quello che ci viene insegnato senza saccenza è quell’apertura
verso l’Altro (anche così diverso: un gorilla!) che diviene
accoglienza di sé: è, nella scena-riempi-cuore,
l’abbracciare il proprio riflesso nello specchio.
Alla luce dei lavori
precedenti, ricordiamo Toto le héros (1991) e il non
perfetto L’ottavo giorno (1996), Jaco Van Dormael afferma lo
status di regista massimalista, un titolo che a conti fatti non può
condividere con nessuno (forse Sion Sono ed altri orientali ma si
tratta di un altro mondo; forse l’Julio Medem di un tempo ma
oramai, di tempo, ne è passato troppo per lo spagnolo), e nel
panorama del cinema da sala, metastatizzato ogni giovedì della
settimana dalle copie conformate che la distribuzione immette nel
mercato, l’offerta di Van Dormael, in un’ottica che definirei in
modo banalizzante “d’intrattenimento”, è quanto di
meglio ci possa essere.
Molto curioso di vederlo, ciao!
RispondiEliminaCapito per caso sulla tua pagina, mancavo da molto, pensavo non scrivessi più. Sono felice tu sia tornato. Sinceramente.
RispondiEliminaFabio
Sei molto gentile Fabio, grazie. Come ho risposto a più o meno tutti coloro i quali hanno fatto considerazioni simili alle tue ti invito a cliccare qui per le delucidazioni del caso. Non nego però che negli ultimi mesi ho visto dei film e ci ho scritto sopra, e questo di Van Dormael ne è un esempio.
RispondiEliminaUn saluto anche a Cerex.
Sì, avevo letto e apprezzato l'onestà di quel post. Egoisticamente non posso che sperare che tu prosegua nella visione di film rendondocene partecipi. Un saluto
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