martedì 27 agosto 2013

Alvorada Vermelha

Primo frutto di una trasferta che regalerà successivamente un film di cui non si sentono altro che parole magnifiche (The Last Time I Saw Macao, 2012), Alvorada Vermelha (2011) è il secondo lavoro dopo China, China (2007) che vede collaborare João Pedro Rodrigues con il connazionale João Rui Guerra da Mata, un sodalizio che in realtà esisteva già dagli esordi di Rodrigues ma che negli ultimi anni si è intensificato al punto di spingere i due nella lontana Macao, ex colonia portoghese passata alla Cina nel 1999, dove Guerra da Mata trascorse l’infanzia. Due menti al servizio del luogo: quella di João Pedro, che non era mai stato a Macao nella sua vita e che conosceva soltanto attraverso il cinema (quello di Josef von Sternberg e del suo L’avventuriero di Macao [1952] con Jane Russell al quale il corto è dedicato), e quella di João Rui legata ai ricordi di quando era un bambino.

Ad un primo livello Alvorada Vermelha ci appare come la ripresa di uno spaccato giornaliero all’interno del mercato locale; introducendoci al sorgere del sole dentro il capannone, gli autori rispettano una sorta di temporalità che sottolinea il realismo ricercato: dentro si susseguono i preparativi in attesa dell’apertura, il montaggio e gli angoli di visuale utilizzati trasformano la routine in un’ipnosi destabilizzante, non succede niente di particolare dietro questi banconi, eppure perché è così difficile distogliere lo sguardo? Ad un secondo livello le attività dei commercianti colte nella loro reiterazione disturbano; il titolo allora acquisisce un altro significato: l’alba rossa gronda di sangue, quello di galline sgozzate di fronte a stie zeppe di proprie simili o quello di pesci squartati che con metà del proprio corpo scattano nervosi. Nessuna accusa da parte di João & João, nessuna apologia animalista (d’altronde è ciò che si ripete ogni giorno in ogni mercato del mondo), più semplicemente l’atto di esserci, di presenziare i rituali che si consumano come se niente fosse (stupefacente la rapidità con cui un tizio ripulisce un pesce), cinema-testimonianza che è senza giudicare, mosso da uno spirito curioso e contemplativo, in uno spazio dove tra l’indifferenza generale tutto oscilla tra la vita e la morte. Ma ad un terzo e ultimo livello si va oltre il realismo sopraccitato, ed è bellissimo, e bisogna ringraziare il cinema che ha la capacità di dare sfogo all’immaginazione, di rendere possibile l’impossibile, di instillare il surreale nel reale, è questo di cui ha bisogno la settima arte oggi, apertura all’irrazionale con i piedi piantati per terra, e il piacere incredibilmente rasserenante di poter scorgere una sirena in un mattatoio del genere.

6 commenti:

  1. avevo visto "Odete" (http://markx7.blogspot.it/2012/09/odete-joao-pedro-rodrigues.html), João Pedro Rodrigues è uno bravo, cercherò "Alvorada Vermelha":)

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  2. Odete buono, Morrer como um Homem ottimo, Alvorada Vermelha (difficile da trovare, io ho approfittato della visibilità gratuita [ma limitata] su Doc alliance) magnetico. Rodrigues non solo è bravo, ma con il collega Guerra da Mata forma il miglior duo registico europeo. E lo dico senza aver visto praticamente nulla di loro.

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  3. Ciao. Anche a me è piaciuto molto. Al Torino Film Festival dell'anno scorso ho perso The Last Time I Saw Macao, che spero si possa recuperare in qualche modo... In Red Dawn (lo chiamo col titolo inglese, che mi è più facile!) ho riscontrato le influenze di Tsai Ming-liang, non solo per lo stile contemplativo e i piani fissi, ma per l'inserto, quasi kitsch, della sirena (mi ha ricordato alcune cose de Il gusto dell'anguria o Visage). Tu che ne pensi? Ciao!

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  4. l'accostamento è interessante ma non mi trova completamente d'accordo. AV (vorrei premettere che di Joao & Joao non ho ancora visto nient'altro) si muove su un livello che è definirei documentaristico, anche se è chiaro che i due registi non volessero fare un canonico documentario. Questa impronta "doc" però si percepisce e quindi trasmette una dose di realismo a cui non possiamo sottrarci, il colpo di genio è stato quello di inserire un elemento totalmente astratto come l'ologramma della sirena dentro al contesto, io non parlerei di kitsch ma di vera e propria surrealtà. Il cinema di Tsai, al contrario, non ha matrici documentaristiche a suo sostegno, è vera la contemplazione e l'immobilità, ma ha un altro fine: non più la realtà ma una sorta di straniamento, una sospesione squisitamente tsaiana, un altrove che comunque sa dirci molto del nostro mondo, e i siparietti musicali (quelli sì davvero kitsch!) sono gemme a loro volta estranee che però non riesco ad iscrivere nella surrealtà, sono addirittura oltre, in un assurdo indefinibile.
    Ciao a te e bell'avatar!

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    1. Grazie per la risposta! Io di João Pedro Rodrigues ho visto solo Fantasma (se ti interessa, lo trovi su Youtube, però credo sia tagliato), e anche in quel caso - anzi, più che in Red Dawn - ho pensato spesso al cinema di Tsai (più che altro, per il finale). Un saluto, e buona continuazione di visioni (che seguo sempre con piacere). Ciao!

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  5. Fantasma lo vidi quattro o cinque anni fa. Credo sia un film più che valido, però al tempo non lo capii.

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