sabato 26 settembre 2020

42,195 Km

Abbiamo Rosa e abbiamo Maria, due donne che appartengono a mondi diversi in tutto e per tutto, nella geografia, nella società, perfino nel tempo (la prima ricorda ogni data, la seconda non sa nemmeno in che anno è nata), accomunate però da due elementi collanti: il primo lo possiamo definire storico perché la Guinea-Bissau è stata una colonia portoghese fino al 1973, mentre il secondo è il punto cardinale su cui Júlio Alves fa ruotare il proprio cortometraggio, i chilometri del titolo sono infatti quelli necessari sia per completare una maratona (mestiere svolto da Rosa Mota, pluricampionessa olimpica) sia quelli percorsi nel giro di una settimana per provare a sopravvivere nel piccolo stato bagnato dall’Atlantico (“hobby” di Maria Buinen e con ogni probabilità di molte altre persone come lei). Dunque il regista lusitano avvicina queste due realtà così diverse avvalendosi di un registro documentaristico che rimbalza tra l’Europa e l’Africa, se non sorprende la porzione dedicata all’esile maratoneta (e lo si poteva anche supporre), quella che si concentra nel villaggio di Suzana addirittura delude, le immagini che vediamo potrebbero benissimo essere prese da un qualche spot pubblicitario per il sociale in cui si cercano donatori per sostentare i bisognosi. Il sentore generale, sintetizzando, è che in 42,195 Km (2010) di cinema ce ne sia ben poco.

Il presagio acquista sempre più spessore con delle didascalie esplicative piazzate tra uno stacco e l’altro e dall’inserimento non certo indispensabile dell’epica greca che spiega l’origine degli eventi maratonistici, infine la conferma che il corto sia più che altro una réclame per sensibilizzare il prossimo è fornita dall’ultima istantanea che vede le Nostre “competere” fianco a fianco durante una gara di beneficenza. Non sono sbagliati i fini di Alves, al contrario nobilissimi, per carità!, quanto i mezzi che offrendosi in modo piano e ordinario escludono un’artisticità che invece avrebbe potuto valorizzare il discorso generale. Si può dire allora che la mano dietro a Casa Manuel Vieira (2013) sarà quasi irriconoscibile rispetto a 42,195 Km.

P.S.: tuttavia, anche dalla trascurabilità è possibile trarre qualcosa di positivo: ancora una volta vedere un film può essere meravigliosamente arricchente: mai avevo udito la lingua della Guinea-Bissau ed è stato bello sentire come il portoghese si è sedimentato nel lessico locale, per cui nell’incomprensibile fluire fonetico la “testa” è la cabeça e la “scuola” la escola. Minuzie che mi allietano.

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