Abbiamo Rosa
e abbiamo Maria, due donne che appartengono a mondi diversi in tutto
e per tutto, nella geografia, nella società, perfino nel tempo (la
prima ricorda ogni data, la seconda non sa nemmeno in che anno è
nata), accomunate però da due elementi collanti: il primo lo
possiamo definire storico perché la Guinea-Bissau è stata una
colonia portoghese fino al 1973, mentre il secondo è il punto
cardinale su cui Júlio Alves fa ruotare il proprio cortometraggio, i
chilometri del titolo sono infatti quelli necessari sia per completare una maratona (mestiere svolto da Rosa Mota, pluricampionessa
olimpica) sia quelli percorsi nel giro di una settimana per provare a
sopravvivere nel piccolo stato bagnato dall’Atlantico (“hobby”
di Maria Buinen e con ogni probabilità di molte altre persone come
lei). Dunque il regista lusitano avvicina queste due realtà così
diverse avvalendosi di un registro documentaristico che rimbalza tra
l’Europa e l’Africa, se non sorprende la porzione dedicata
all’esile maratoneta (e lo si poteva anche supporre), quella che si
concentra nel villaggio di Suzana addirittura delude, le immagini che
vediamo potrebbero benissimo essere prese da un qualche spot
pubblicitario per il sociale in cui si cercano donatori per
sostentare i bisognosi. Il sentore generale, sintetizzando, è che in
42,195 Km (2010) di cinema ce ne sia ben poco.
Il
presagio acquista sempre più spessore con delle didascalie
esplicative piazzate tra uno stacco e l’altro e dall’inserimento
non certo indispensabile dell’epica greca che spiega l’origine
degli eventi maratonistici, infine la conferma che il corto sia più
che altro una réclame
per sensibilizzare il prossimo è fornita dall’ultima istantanea
che vede le Nostre “competere” fianco a fianco
durante una gara di beneficenza. Non sono sbagliati i fini di Alves,
al contrario nobilissimi, per carità!, quanto i mezzi che offrendosi
in modo piano e ordinario escludono un’artisticità che invece
avrebbe potuto valorizzare il discorso generale. Si può dire allora
che la mano dietro a Casa Manuel Vieira
(2013) sarà quasi irriconoscibile rispetto a 42,195
Km.
P.S.: tuttavia,
anche dalla trascurabilità è possibile trarre qualcosa di positivo:
ancora una volta vedere un film può essere meravigliosamente
arricchente: mai avevo udito la lingua della Guinea-Bissau ed è
stato bello sentire come il portoghese si è sedimentato nel lessico
locale, per cui nell’incomprensibile fluire fonetico la “testa”
è la cabeça e
la “scuola” la escola.
Minuzie che mi allietano.
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