Pura
etnografia per iBhokhwe
(2014), ma, purtroppo, non quell’etnografia d’assalto e ruspante
che ci si potrebbe auspicare, il taglio fornito da John Trengove è
ben ben patinato estromettendo dal principio qualunque coordinata
documentaristica e quindi di possibile originarietà. Non che
lavorando sulla finzione sia impossibile arrivare in siffatte aree (e
qui comunque l’impostazione fittizia è limitata: attori non
professionisti, location naturalistica, qualche timido ingresso
musicale), soltanto è decisamente più difficile, in particolare quando il contenitore è un cortometraggio. Comunque se il regista
sudafricano, che espanderà concettualmente la realtà tribale di The
Goat nel
film di debutto The Wound
(2017), aveva intenzione di illustrare scolasticamente un mondo
inarrivabile dall’agiato occidente, l’obiettivo è stato
raggiunto e riporto di seguito quanto imparato: una minoranza etnica
presente in Sudafrica di nome xhosa pratica ancora l’Ukwaluka, un
rituale dove gli adolescenti vengono circoncisi in modo da rimarcare
il passaggio verso l’adultità per poi essere lasciati alcuni
giorni in una capanna nel deserto in attesa dell’arrivo dei propri
famigliari, ecco cosa Trengove voleva mostrarci ed ecco ciò che in
buona sostanza mostra.
Del possibile dramma vissuto dal ragazzino abbandonato non c’è
traccia, e non poteva esserci con il limitato tempo a disposizione,
qualche ripresa ad affetto (lui intabarrato fra le rocce) ed il
proseguimento sulla falsariga folkloristica conducono in un finale “a
sorpresa” godibile sebbene un po’ epidermico al pari dell’intero
impianto proposto. Accenno rapido e limitato alla schietta
informazione sull’omosessualità, il cerimoniale servirebbe, tra le
altre cose, ad eventualmente estirparla, ma il bambino rivolgendosi
al protagonista domanda se verrà il suo fidanzato a prenderlo, oltre
non si va.
Presentato a Berlino ’14.
Nessun commento:
Posta un commento