Girato nel 2013, e quindi giusto un anno dopo la prima rilevazione del bosone di Higgs, CERN si iscrive nel filone geyrhalteriano, di cui fanno parte anche Pripyat (1999) e Elsewhere (2001), strutturato in questo modo: interviste, o meglio monologhi perché non si sente mai la voce del regista che fa le domande, più riprese statiche senza commento alcuno dei luoghi oggetto dell’opera. La parte colloquiale è inframezzata da degli stacchi in nero (vero marchio di fabbrica dell’austriaco) che differiscono dalle opere precedenti giusto per l’inserimento di nome, cognome e ruolo di chi sta parlando, mentre le cartoline provenienti dai diversi settori mantengono quel fascino sci-fi che ci si aspettava avessero, e se Geyrhalter si fosse soffermato di più su queste parentesi, se si fosse lasciato andare maggiormente ad un tono meditativo, dal punto di vista autoriale il progetto ne avrebbe giovato, ma trattandosi di un film per la tv non si può pretendere chissà cosa. È chiaro che CERN sia un prodotto illustrativo che mira più alla divulgazione che ad una traiettoria artistica, se non si è degli acerrimi integralisti ritengo che ciò sia accettabile, e comunque Geyrhalter non fa mai dei depliant da sfogliare distrattamente, ogni sua prova invita a riflettere su di noi e sulla società che viviamo.
domenica 12 luglio 2020
CERN
Quello di
Nikolaus Geyrhalter più che un documentario è un vero e proprio
tour didattico, è come se fossimo degli alunni portati in gita
scolastica al CERN che, dopo i convenevoli del caso, vengono condotti
nei vari reparti di questa immensa struttura vicina a Ginevra. Ed
ogni visita guidata che si rispetti ha degli accompagnatori preparati
disposti a spiegarci dove ci troviamo, qui il ruolo di anfitrione (e
per alcuni, probabilmente per tutti, è davvero una seconda casa, o,
a sentire uno dei responsabili, uno Stato nello Stato con i suoi
servizi [l’asilo, ad esempio] e le sue regole) è ricoperto dalle
persone che lavorano all’interno del centro, scienziati,
principalmente fisici e qualche ingegnere, arrivati da ogni parte del
globo. Geyrhalter li invita a parlarci di ciò che fanno, di ciò che
pensano, ed è divertente notare le metafore semplificanti che
utilizzano per arrivare a chi di acceleratori di particelle non ne sa
un tubo, fatica sprecata, almeno per il sottoscritto, perché il
divario di conoscenze è troppo ampio, però è interessante entrare
in contatto con questi esperti per carpire che il senso delle loro
ricerche, in fondo, pur basandosi sulle discipline scientifiche, è
talmente universale da abbracciare anche quelle umanistiche e/o
religiose, in buona sostanza l’enorme laboratorio zeppo di
mastodontici marchingegni, magneti ciclopici e cascate di fili
elettrici, si occupa di studiare qualcosa che invece è piccolissimo,
praticamente invisibile, e soprattutto sconosciuto, un enigma, come
lo può essere un dio.
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