Mi correggo: di più ci sono alcune immagini raccolte dalla regista accompagnate musicalmente da Nat King Cole che spezzano i monologhi dei superstiti (nei paesaggi post-apocalittici – innevati tra l’altro, come se ci si trovasse in un film di Lopušanskij – rimane un autobus in bilico sul tetto di un edificio), è una scelta particolare quella di inserire un morbido brano del cantante americano perché cozza un po’ con lo sfascio immortalato, tuttavia, a ben vedere, lo spirito del progetto non sembra indirizzarsi verso una cupa elegia ma, al contrario, come si può desumere dal titolo inglese, è orientato a cogliere la vita che c’è dopo. La parola chiave è apputno vita: inevitabilmente quella vissuta dall’umanità segnata dalla catastrofe, nelle loro testimonianze, nei loro ricordi, uguali, per filo e per segno, alle affermazioni di qualunque altro soggetto reduce da un cataclisma a random, il che crea una sorta di fratellanza globale dove i mariti hanno perso le proprie mogli o dove una risata può ancora esorcizzare la paura. Si parla del domani qua e della sua quintessenza: la Speranza, che Momoko Seto, lontanissima dalle astrazioni sperimentali di Planet ∑ (2014), recapita a chi guarda con tutto il rispetto e l’umiltà possibili.
El autor (Il movente) - Manuel Martín Cuenca
23 minuti fa
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