martedì 28 luglio 2020

Nimic

Non è mai stato un “cortometrista” Lanthimos, a parte i lavori pre-Kinetta (2005) che lasciamo ai filologi dell’autore, l’unico altro short movie è una robina di due minuti dal titolo Necktie (2013), il motivo è forse dovuto alla necessità di dare peso ad una scrittura che non può essere condensata in uno spazio così ridotto, del resto il fedele Efthymis Filippou (immancabile penna anche per Nimic, 2019) si è sempre prodigato nell’alzare l’asticella del paradosso spalmando la sua letteratura su minutaggi belli corposi, almeno fino ad ora. Il tempo, guarda caso, sembra avere una discreta rilevanza qui perché è un tempo che non c’è, o se c’è è al massimo il cerchio di una catena potenzialmente infinita in cui accedere attraverso un passepartout che lo richiama: “do you have the time?”, il che è poi l’innesco della vicenda in sé, una vicenda breve che, penso ne converrete, è facilmente attribuibile al modus operandi del regista greco: già ne La favorita (2018), e forse anche da prima ma non ne ho un ricordo netto, ha preso il vizio di usare prospettive grandangolari funzionali alla sua visione straniante del mondo, inoltre continua ad associare un sonoro orchestrale, epico, a situazioni che non avrebbero nessuna necessità di essere intensificate (e in Nimic il discorso si amplifica visto che Matt Dillon suona il violoncello).

Sugli eventuali significati del corto non ho granché voglia di ragionarci sopra, sono pigro, stanco e soprattutto senza chiavi di lettura chiarificanti, prendo giusto coscienza del fatto che in un contenitore dalle dimensioni ristrette il paradigma lanthimosiano, presente, assente, divergente o meno che sia, non si accusa per nulla perché passa e va senza colpo ferire. Lascio a voi ritenere se ciò sia un aspetto negativo o positivo (ah sì, sono anche un po’ vile) e chiudo facendo un collegamento ardito, dubito fortemente che Lanthimos e Filippou abbiano mai letto Dylan Dog, ma se fosse consiglierei loro di dare un’occhiata al Maxi Dylan Dog numero 3 uscito nel giugno del 2000 che contiene La vita rubata, testi di Fabrizio Accatino e disegni dello storico duo Montanari & Grassani, una storia che ha più di un qualcosa a che fare con Nimic.

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