lunedì 16 dicembre 2019

La favorita

La favorita (2018) era il film che ci voleva, per Lanthimos si intende, e per il suo cinema che, secondo le acutissime e brillatissime analisi del sottoscritto, si era ormai infilato in un tunnel di autoimposizioni formali e semantiche, la formula era: arrivo al significato per mezzo di paradossi metaforici, sempre. Per tali ragioni parlando sia di The Lobster (2015) che de Il sacrificio del cervo sacro (2017) auspicavo nel percorso del regista greco un cambio di direzione o almeno una piccola svolta che scuotesse un poco la sua carriera. Ebbene, la svolta in effetti c’è stata, non è un cambiamento radicale ma The Favourite è un film che rinnega il passato pur mantenendo, comunque, un filo consanguineo con le opere precedenti. In questo senso le parole di Marco Catenacci (link) mi trovano perfettamente d’accordo: “nei crudeli giochi di potere al femminile che animano il nuovo film di Lanthimos infatti, la dimensione allegorica del racconto è certamente presente, ma non finisce mai per sottrarre energia a quel sincero e divertito gusto per la narrazione che finora era rimasto piuttosto estraneo al cineasta greco”. Quindi continuità ma anche distacco. Detto ciò, non riesco affatto ad esaltarmi per un prodotto del genere, il fatto che si batta su quel gusto per la narrazione appena citato mi fa venire un po’ i brividi, e non di piacere.

Perché se andiamo ad analizzare, ma anche solo a soffermarci giusto qualche minuto sullo script della pellicola, non possiamo negare che la storia si fondi su delle peculiarità tipiche da sceneggiato televisivo in costume. La vicenda parabolica della serva rampante che grazie a cinismo e intelligenza riesce a balzare dal fango (be’, qua la metafora non c’è proprio, Emma Stone si presenta alla corte dopo essere finita in una pozzanghera) all’élite della borghesia si dipana attraverso un susseguirsi di astuzie e trabocchetti da romanzo d’appendice. Nulla di male se non fosse che tali schemi narrativi sono vecchi, ma vecchi davvero, e non possono che amplificare il diametro della nostra bocca durante i reiterati sbadigli. Che poi no, durante La favorita non si sbadiglia perché Lanthimos non è di sicuro uno sprovveduto e sa vivacizzare il film a modo suo nei seguenti termini: sebbene sia evidente l’appoggiarsi ad uno scheletro vetusto si fa fatica a considerare quest’opera di genere storico, ok l’ambientazione d’antan e quanto ne consegue, però a quella veridicità filologica e a quel rigore che ci si aspetterebbe di trovare si sostituisce una vena dislocante punteggiata da scelte che trasportano il film nel contemporaneo (si vedano le danze anacronistiche o lo stesso linguaggio usato nei dialoghi, non credo un esempio d’autentico favellare settecentesco).

Ognuna di queste scelte in contrasto con l’epoca inscenata si riconducono ad un’ironia che Lanthimos, come sappiamo, sa maneggiare con professionalità. Non è il sarcasmo corrosivo a cui ci ha abituato ma è comunque il deterrente che permette all’autore ellenico di salvarsi da critiche altrimenti a maggiore tasso di spietatezza. Si potrà dire, non a caso, che: ah ma nella Favorita persiste un’aria da commedia acida che trasmette esattamente la modernità a cui il regista tende. E vabbè, diciamolo pure ma non riesco a stracciarmi le vesti per qualche trovata non convenzionale correlata al quadro storico di riferimento. Men che meno sono rimasto particolarmente impressionato dal nocciolo argomentativo di tutta la faccenda che è, ed eccoci al ritorno del buon vecchio Yorgos, un’allegoria sul potere, o meglio sul potere agognato dagli esseri umani. A parte l’ultimissima sequenza che apre interrogativi perché, finalmente, è una scena libera dalla scrittura e dove forse si palesa un’orrenda verità (il potere rendere dipendenti: sia per chi lo esercita e forse anche per chi lo subisce), la diatriba tra Lady Sarah e Abigail a colpi di inganni è pura illustrazione votata ad un banale ribaltamento delle prospettive, la Weisz non è così cattiva al pari della Stone che non è (affatto) così buona.

In definitiva il mio consiglio spassionato è: guardate le ultime prove di Albert Serra per capire dove e quanto il cinema può essere attuale pur allestendo film che viaggiano in luoghi e tempi molto lontani da noi.

2 commenti:

  1. a me il film è piaciuto, l'ho trovato fresco, intrigante e coinvolgente, certo la sceneggiatura l'ha firmata un altro però

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