lunedì 4 maggio 2020

The Secret Adventures of Tom Thumb

È una minuscola pepita piuttosto sconosciuta questo The Secret Adventures of Tom Thumb (1993) (di recensioni italiane, in Rete, io non ne ho viste), ed è, soprattutto, la trasposizione dark delle avventure di Pollicino, ma l’enciclopedia favolistica lascia il posto alle weirditudini di grandi Maestri del settore come Švankmajer o i fratelli Quay e quindi il quadro al quale assistiamo ha tinte inconsuete, è “strano”, striscia, ronza, frigge nell’elettricità alchemica di un incipit davvero bello, no, non c’è niente di nuovo sotto il sole radioattivo, abbiamo visto da mo’ l’applicazione del passo uno ed il relativo effetto stordente, eppure, non so voi, riosservare una simile concertazione presepiale non annoia mai, e le motivazioni credo possano poggiarsi su un discorso che punta dritto al nucleo artigianale che opere del genere sprigionano, nel senso, la persona al timone del film, tal Dave Borthwick deceduto nel 2012 e supportato qui dalla casa di produzione Bolex Brothers che non sembra avere avuto fortuna dopo Tom Thumb, si fa apprezzare per il suo sforzo creativo in cui sbocciano valanghe di dettagli scena dopo scena, ed anche nel settore immaginifico non ci si può lamentare, la fuga del protagonista dal laboratorio è una passerella di incubi handmade che sa colpire di più rispetto ai bestiari di registi del perturbante con a disposizione ingenti quantità di soldi e materiale tecnico, Borthwick, infine, inserisce dei lampi scollati dalla traccia principale che alzano l’asticella della psichedelia (uno folgora: il padre aureolato e appena deceduto compare in sogno al piccolo sussurrando “i love you”). Quanto descritto confluisce in uno stato febbrile che spinge sul grottesco (gli esseri umani, sporchi, brutti e roaldahliani, bofonchiano come nella serie Pingu, ma dopo un secolo di sfrenato tabagismo) per navigare molto lontano dalle ovvie compiacenze spettatoriali.

Dal punto di vista della scrittura si zoppica. Le avventure del titolo risultano essere un susseguirsi di eventi costellati da forzature, svolte improbabili (tipo: il guerriero lillipuziano va proprio a cerbottanare due sciamannati che conoscono il padre) e soluzioni di comodo (il suddetto padre che segue il riflesso dello specchio, così, a caso), ma sarei davvero cieco se continuassi a soffermarmi sui risvolti tramici che in realtà sono delle vere e proprie inezie, non è in un lavoro del genere che il comparto sceneggiaturiale ha un peso decisivo, semplicemente: non importa troppo quanto accade, né il perché, sembrerà uno slogan, ma dire che l’importante è che accada qualcosa penso sia un’affermazione condivisibile, e ciò si deve alla certezza che comunque ci sarà sempre del sano sudore artistico a supportare la proposta.
Mi è piaciuto, non lo nego, mi è piaciuto perché anche se gli occhi sono ormai ossidati dal passaggio infinito di un film dietro l’altro, ed anche se l’oggetto in questione è proprio piccolo e quasi indifeso rispetto ai colossi dell’animazione contemporanea, il sentire personale deve però riconoscere che in ogni pupazzo, in ogni insetto, in ogni creaturina che prende magicamente vita in The Secret Adventures of Tom Thumb c’è dietro un grande cuore, di quelli che ti fanno provare affetto anche per un cosetto pelato dagli occhi azzurri.

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