venerdì 8 maggio 2020

Blue

Non ho ben compreso se Blue (2018) sia (stata) anche una video installazione (facendo una banale ricerca immagini su Google parrebbe più che una possibilità) o se è semplicemente un cortometraggio distribuito dalla piattaforma online La 3è Scène, sito di contenuti filmici patrocinato dal teatro Opéra national de Paris. Sia come sia, se la prima ipotesi fosse quella giusta non è neanche da sottolineare come una visione che avviene sullo schermo del proprio computer, così decontestualizzata e miniaturizzata, snatura l’opera poiché priva della cornice che l’autore ha pensato per lei, va da sé che anche se parlassimo di un lavoro pensato esclusivamente per essere fruito in modo tradizionale, la correlata proiezione youtubesca è un tantino svilente, ma questo è un problema di tutte le volte in cui ci portiamo il cinema nella nostra cameretta. In realtà, forse, cerco solo di trovare degli alibi ad Apichatpong Weerasethakul perché Blue mi ha lasciato così freddo da pensare malignamente che se al posto di uno dei registi orientali più importanti della nostra epoca ci fosse stato un esordiente, è plausibile che il corto in oggetto sarebbe sprofondato nelle sabbie mobili di un qualche Festival di categoria.

Certo l’atmosfera è suggestiva (ma invito a dare uno sguardo ad un altro corto di “Joe” in cui nuovamente il fuoco aveva una posizione di rilievo: Phantoms of Nabua, 2009), d’altronde ci saremmo stupiti del contrario, e a leggere in Rete la situazione rappresentata stuzzica: nel bel mezzo della foresta thailandese una donna (Jenjira Pongpas, più volte attrice per AW) non riesce a dormire, il suo stato di dormiveglia è, si suppone, tradotto all’interno del girato in immagini, alcune letterali come il marchingegno che alterna le tele paesaggistiche poste di fronte al letto, altre che spingono a riflessioni più filosofiche, finanche teoriche, perché la fiamma che arde sul corpo della donna arde, ovviamente, altrove, per cui nell’escamotage tecnico si spalanca l’interpretazione che riguarda l’illusorietà della settima arte e siccome in Weerasethakul cinema fa rima con sogno, ecco la messa in scena di una dimensione onirica in fiamme. Sfido chiunque a dire il contrario e, se venisse detto, sarei comunque d’accordo perché oggetti del genere sono talmente aperti da offrire molteplici letture, spesso tale apertura acquista anche una misura di profondità ma per chi scrive non è il caso di Blue.

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