giovedì 11 maggio 2023

Vendrán lluvias suaves

Il mio giudizio tranchant è questo: Vendrán lluvias suaves (2018) è un film che esce dall’ordinario ma che non entra nello straordinario, bon, si potrebbe anche archiviare qua la faccenda ma dopotutto credo che comunque il lavoro dell’argentino classe 1984 Iván Fund qualche parola d’approfondimento se la sia guadagnata, di sicuro ciò che gli permette di non appiattirsi alle visioni più commerciali è un apparato formale che si gioca qualche carta d’autorialità, daltronde nella crew di Fund c’è l’ottimo Martín Solá (recuperate Caja cerrada [2008] e The Chechen Family [2015]) per cui sappiamo già da subito che qui la professionalità è presente, poi che dire, si capisce l’intenzione di volersi prendere tempi e angolazioni che in altro cinema non ci sono (mentre ancora in un altro ci sono eccome e a conti fatti non sorprendono granché), al pari di una sospensione del racconto tradizionale dove non è che manchi un sistema narrativo, ma è piuttosto l’assenza di un intreccio consequenziale a segnalarsi, nulla da eccepire a proposito, il sabotaggio dei gangli scritturiali è sempre ben accolto da queste parti, resta però tangibile per il sottoscritto l’impossibilità di trascendere davvero la storia che vediamo, se ripenso a Leones (2012), interessante debutto anch’esso proveniente dall’Argentina dove nuovamente dei giovani vagabondavano in un mondo a parte, allora lì sì che si avvertiva uno sfondamento percettivo, nel film di Fund no, o almeno non in maniera particolarmente rimarchevole, e forse non era nemmeno nelle mire del regista cavalcare onde metafisiche, l’inquadramento da fiaba sottolineato da una divisione in capitoli molto “libresca” tende ad addolcire la dimensione filmica, infatti il ritratto anagrafico che ne risulta è quello di un’infanzia smarrita, sola, in balia del nulla, ma mai messa nelle condizioni di mostrarsi in un respiro esistenziale più ampio.

Che poi ci sia una mappa simbolica dietro al disegno di Vendrán lluvias suaves ritengo sia una questione inopinabile, piaccia o meno le cose sono abbastanza dirette: l’elettricità va via (il che mi ha riportato ad un ulteriore esemplare albiceleste, History of Fear [2014], che si avvaleva dei blackout per farci sapere un po’ come la pensava) e gli adulti cadono in un sonno comatoso. Senza nonni e senza genitori i bambini si ritrovano in una realtà che per Fund può essere una metafora della loro età, in buona sostanza il manipolo di ragazzini prende l’improvvisa narcolessia dei grandi come un’avventura (e la pellicola, se la si osserva senza troppi onanismi celebrali è proprio così: un’avventura), un gioco collettivo dove non mancano momenti di svago e di preoccupazione, di paura e solidarietà, probabilmente, anche se non amo affatto la seguente etichetta, Vendrán lluvias suaves è una vicenda di formazione perché in un contesto dove le figure genitoriali si assentano, sono i figli, ora, a doversi occupare di se stessi e delle persone (oltre che degli animali, presenze costanti sullo schermo) che hanno a cuore, non a caso la miccia che dà il via al viaggio è il desiderio di Alma di tornare a casa dal fratellino. L’idea che sta alla base, carina ma non certo definibile come seminale (’ste rivisitazione favolistiche hanno colmato la misura), avvince fino al livello della superficie che è dove il film razzola, non c’è un dietro, un sopra, un sotto, un oltre: i bimbi gironzolano perché non hanno nessuno a guidarli ed errabondando si impratichiscono con la vita, ciò è. Allora, per non masticare troppo amaro, rivolgo l’attenzione verso un paio di attraenti immagini (ho apprezzato la carrellata a metà proiezione su dei coetanei impegnati a fronteggiare la sopraggiunta condizione di orfani), e su un corredo musicale che descriverei come anomalo.

Infine, una riflessione sulle modalità decise da Fund per chiudere la pratica. Non sto a chiedermi cosa sia quella sorta di Slender Man trasparente che se ne sta nel giardino di Alma (se aguzzerete la vista lo vedrete passare in video anche in una occasione precedente), mi domando, invece, se il suo inserimento sia una trovata che fornisce concreto spessore o se oppure, data l’enigmaticità che lo sostanzia, sia uno stratagemma effimero usato per confondere delle acque altrimenti calmine. E quindi Iván Fund è più bravo o più furbo? Per fare chiarezza ci sarebbe bisogno di dare un’occhiata al resto del curriculum, il timore di eventualmente buttare alle ortiche il proprio tempo è però un bel freno.

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