Un’ambiguità sì e no strisciante caratterizza la pellicola (nell’incipit, quando ancora non si sa quale sarà l’impiego di Fiona, si crea una tensione che però perderà nerbo col passare dei minuti) coniugata ad uno stress sessuale che, attraverso episodi un po’ così (sia con la madre che col padre), sembra sempre sul punto di esplodere, in tale area para-erotica la sequenza migliore vede Fiona seguire la figlia col fidanzato in uno scantinato con la mdp che si e ci getta in una stanza immersa nel buio. Ancora il “già visto” fa capolino con insistenza, di nuclei famigliari con più di una rotella fuori posto il cinema recente e non ne è pieno zeppo, alla Krummacher non le avremmo chiesto di essere la risposta teutonica a Lanthimos però il scivolare in un anonimo torpore non è la fine che si auspicava per il lungometraggio. Dell’impianto critico rivolto alla società e alle cellule che la compongono non mi sento di esprimere niente di particolare perché siamo lontani da un ritratto all’arsenico, gli squilibri della moglie, quelli del genitore, la strana relazione dell’adolescente Nicole con un ragazzo più grande di lei, sono unità che non riescono a spaccare lo schermo in due, è roba priva di qualunque carica incendiaria. Deboli sussulti per: due finestre introspettive di Fiona che ragiona sul presente e sul futuro, l’apparizione dello scorpione anticipata dal racconto di Jürgen e il fotogramma conclusivo che soffia un’ombra funerea sulla vicenda (oltre al costituirsi in una forzatura narrativa, ma è solo una mia opinione). Dodici anni fa erano dodici anni fa, eravamo diversi, cercavamo altro, forse si sarebbe creato un legame, un interesse, un feeling, adesso no caro Totem, adesso no.
The Dreamers
2 ore fa
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