venerdì 5 maggio 2023

Cochemare

Toh, chi si rivede: Chris Lavis e Maciek Szczerbowski, gli autori di Madame Tutli-Putli (2007) e Higglety Pigglety Pop! or There Must Be More to Life (2010) escono dalla dimensione fiabesca per inoltrarsi in quella fantascientifica, alt!, facciamo ordine: in Cochemare (2013) l’apporto animato è presente, meno stop-motion (forse c’è solo quando entrano in scena i mostriciattoli alati) e più computer grafica, ma soprattutto grande novità con l’introduzione di una parte in live action, carne, ossa e lacrime fluttuanti. Rispetto ai due corti precedenti questo mi parrebbe maggiormente vicino ad un pubblico in cerca di un prodotto “strano” e non dico un prodotto “adulto” perché le tematiche affrontate in passato erano comunque di peso. Qui, inaspettatamente, emerge una certa attenzione verso l’archetipo femminile e verso la sua enigmatica sessualità, per inscenare una tale tensione i registi contrappongono due scenari il cui collegamento sta a noi (la donna in negativo è l’avatar dell’astronauta? Scommetterei di sì), la differenza di set è evidente, non lo è altrettanto il perché di una siffatta impostazione; è la prima volta - se non erro - che Lavis & Szczerbowski lasciano uno spazio così libero all’interpretazione, il che, a me, va così bene da accettare la possibilità di un non-obbligo a dare per forza un senso a ciò che si è visto, di Cochemare si può anche godere l’aspetto estetico senza necessariamente rintracciarvi un sottotesto.

La foresta immersa in un magico pulviscolo è realizzata in maniera rimarchevole, il connubio tra 3D e non so quale altra tecnica dona una profondità visiva, una lucentezza umida, una sgargiante varietà di forme e colori che non sono affatto male, se al posto della divinità muliebre ci fosse stata Björk con Gondry alla regia avremmo avuto un altro bel videoclip da tramandare ai posteri. L’inserimento dei demoni insieme all’interesse in dettaglio nei confronti delle lumache, al loro corpo molle e viscido, fornisce inoltre al film un’atmosfera che, con le dovute proporzioni, arriva dritta dritta dalle enciclopedie di Švankmajer o dei gemelli Quay. La quota realistica dentro la stazione spaziale rientra un po’ nei ranghi dell’ordinario, non siamo in una produzione hollywoodiana e bisogna stare al gioco che quella stanza con oblò, pannelli elettrici e circuiti siano davvero gli interni di una navicella persa nell’universo, e io, senza pentimento alcuno, al gioco ci sono stato e di Cochemare conserverò un valido ricordo per la commistione weird-sci-fi che mi ha proposto, light bonus erotico compreso. In quanto alla coppia di autori ribadisco il desiderio espresso alla fine del commento di Higglety Pigglety Pop!: vogliamo un esordio nel lungometraggio, ecchediamine.

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