Solo che, in fondo, una così netta comprensibilità non è che abbia incendiato l’animo di chi scrive. E dire che Cabeleira aveva iniziato con un mediometraggio che si occupava di altro (Estranhamento, 2013), mentre della materia di Damned Summer se ne sono occupati altri prima di lui, e non pochi. Senza scordare gli alibi di un giovanissimo dietro la mdp, dico che il ritratto di una fascia d’età persa in un qualche limbo e proposta in un contenitore realistico è un manifestarsi già registrato dai nostri occhi, e non bisogna andare troppo lontano perché rimanendo in Portogallo João Salaviza (e qui è presente un “suo” attore, Rodrigo Perdigão) ha sondato il tema in lungo e in largo, e sono convinto che ci saranno innumerevoli autori, lusitani e non, che si sono impegnati in tale direzione (ricordo un film polacco di poco conto dal titolo All These Sleepless Nights [2016] che ha parecchio in comune con Verão Danado). Anche il quid pluris del film, quell’abbandonarsi ai ritmi martellanti della techno e la psichedelia che da lì scaturisce grazie ad un oculato utilizzo delle luci, è sì, come dicevo sopra, notevole, però non raggiunge il top, non sbaraglia letteralmente le percezioni perché comunque Noé è arrivato anni prima ed è tutt’ora inarrivato. C’è quella sensazione di déjà vu che, parlando in modo soggettivo, impedisce un pieno appagamento fruitivo, fermo sempre restando che chi ha, o ha avuto, solo due decadi e poco oltre sulle spalle è generalmente un campione di onanismo e non certo uno che di mestiere vorrebbe fare il regista, il quale, bazzicando tra Locarno e Torino, dimostra già di essere a buon punto, gli auguriamo per il futuro di alzare il tiro della traiettoria.
lunedì 29 novembre 2021
Damned Summer
Verão
Danado (2017) è un film comprensibile, lo è, prima di ogni
cosa, nell’innesco creativo/ispirativo che l’ha generato: non si
fa alcuna fatica, infatti, a mettersi nei panni di Pedro Cabeleira,
regista portoghese che al momento di girare questo suo lungometraggio
di debutto era poco più che ventenne, per capire che il
protagonista, Chico, è lui, così come è potenzialmente qualunque
altro dei ragazzi che entrano ed escono dal film. Sì, è un’opera
generazionale ma lo è con grande consapevolezza perché Cabeleira sa
bene cosa fa e dove vuole andare, ovvero nella rappresentazione il
più aderente possibile alla concretezza di una gioventù elettrica e
sempre in botta, un tumulto continuo fatto di bpm e luci
stroboscopiche, di droghe e amori fatui che durano una notte e poi se
ne partono per Londra, lontano da una Lisbona che, per paradosso
poiché Cabeleira mira al reale, si trasfigura in un lungo sogno
lisergico. È roba autobiografica, è il rimettere eventi e
situazioni vissute sulla propria pelle in un contesto
cinematografico, è un’espressione singola e molteplice che
accomuna un po’ tutti gli studenti fuori sede del mondo. E quindi
Verão Danado è parimenti
comprensibile anche nell’offrirsi allo spettatore, non ci vuole
molto ad afferrare la struttura disordinata che lo permea,
apprezzabile corrispondenza di un’esistenza sregolata che vive di
rave in rave, a tal proposito le prolungate sequenze all’interno
dei club (casalinghi o meno) hanno un forte potere immersivo, sono
scene efficaci che si distinguono e che fanno distinguere la
pellicola da molte altre che hanno tentato approcci simili.
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Visto anche io non molto tempo fa e sono parecchio d’accordo col tuo parere. Ti si continua a leggere sempre con gran piacere.
RispondiEliminaTi ringrazio Ciro, la voglia è sempre meno ma si tenta di rimanere a galla.
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