Il fatto che ci sia un legame sentimentale tra chi la pellicola l’ha diretta e chi è il protagonista della stessa devo ammettere che si sente, il signor Enoc oscilla tra la figura del prof. buono ed il padre che ora diventando nonno è ancora più amorevole di prima, ma soprattutto, dal ritratto che se ne dà, il vero amore è indirizzato alla sua passione che decide di condividere con chi magari nella vita non avrebbe mai avuto l’opportunità di posare l’occhio sul mirino di un telescopio. Non è un processo di esaltazione o di autocelebrazione famigliare, il tono generale è leggero, scorre ad un ritmo naturale dove l’approccio documentaristico esalta le meraviglie paesaggistiche messicane e parimenti si interessa del reale che c’è intorno, ruba dialoghi, istanti futili, ascolta le lezioni di scienza da bravo discente. Ma la regista non si ferma ad una forma scolastica, sono davvero numerose alcune sue intensificazioni che alterano il girato, abbiamo parentesi in un bianco e nero granuloso, inserimenti di fotografie e frame accelerati, insomma si tenta di vivacizzare il tutto e questa voglia di sperimentare ha culmine in un monologo proferito da Enoc dove si affacciano addirittura dei particolari animati, qui l’insegnante si mette a nudo e con un montaggio che pone in sequenza l’album dei ricordi della famiglia, si diffonde una riflessione che non esito a definire toccante, un momento alto che passa dalla propria storia personale al senso di un’esistenza che trova pienezza nel viaggio e negli insegnamenti che se ne possono trarre. Molto, molto bello, per le parole dette, certo, ma anche per la confezione proposta che tali parole le nobilita. Se qualcuno ci vedrà della morale non richiesta amen, a chi scrive non è pesata nemmeno l’ultima lezione, quella di non arrendersi neanche di fronte alla burocrazia che impedisce al Cometa di salire sul traghetto.
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10 ore fa
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