martedì 28 aprile 2020

Eggshells

Prima del successo epocale di Non aprite quella porta (1974) Tobe Hooper dava alla luce un lavoro che se non è definibile come l’opposto di uno dei capisaldi horror della nostra epoca poco ci manca, Eggshells (1969) avrebbe anche un possibile strato argomentativo più o meno in linea con il film successivo, siamo in Texas e la lente di Hooper si occupa nuovamente di una casa e di alcuni giovani che vi risiedono all’interno, inoltre sono chiari i rimandi al contesto sociale dell’epoca (ce lo dimostra una parata pacifista che apre l’opera) che si palesa alle nostre orecchie per bocca dei loquaci protagonisti colti da un taglio filmico che a tratti sa essere perfino vero, reale. I punti di contatto sono dunque questi, tuttavia il regista americano per il suo lungometraggio d’esordio si rifà ad un cinema sessantottino e controculturale che non ha niente da spartire con l’enciclopedia horrorifica, è comunque una sorpresa: non sono un esperto di Hooper, non ho praticamente mai visto nulla oltre i suoi prodotti più celebri, ma è evidente che dopo l’exploit del ’74 abbia improntato l’intera carriera verso l’area della “paura”, Eggshells, invece, può spaventare, ma in modo diverso, poiché è un oggetto enigmatico, bizzarro, folle, non c’è una goccia di sangue qui, non scorrono brividi né mattanze, il confine a cui giunge Hooper parrebbe quello dell’arroganza artistica, però il non-tutto che costituisce il film va a mio avviso rapportato al periodo d’appartenenza e se poi aggiungiamo la giovane età di chi reggeva la mdp, credo che l’evidente confusione a cui si va incontro debba essere carpita più come un moto di ribellione sbarazzino che un cervellotico e fine a se stesso affresco hippie.

Di roba dentro ad Eggshells ce n’è sicuramente tanta, più che altro ci sono almeno due fattori che sviano l’attenzione: l’assenza di una linearità tramica ed un uso esuberante di parecchi elementi tecnici da parte di Hooper, in ambo i casi direi che c’è da essere soddisfatti, non sarà una pellicola semplice ma almeno non è allineata alla banalità del già visto. In un andamento che si avvicina quasi al documentario, vengono aperte delle parentesi intensificate alla grande in fase di montaggio che ci ubriacano, graffiature psichedeliche di assoluto rispetto che proiettano la storia, o quel che ne rimane, in meandri lisergici che non dispiacerebbero al Noé di Enter the Void (2009) o a qualche integerrimo avanguardista, si segnala una sequenza verso l’inizio che enuclea quanto appena detto dove veniamo allucinati da un accelerato tour della casa (discutibile solo il buffo e respingente commento sonoro) ed un’altra verso metà che distorce e contorce un rapporto sessuale. Non solo manipolazione post-produttive, nella diegesi si rintraccia una discreta quantità di particolari accorgimenti (la lunga ripresa frontale della scala) e sane (si fa per dire) stramberie (che accidenti c’è nella cantina?) da soddisfare quella weird-attitudine che alberga dentro di noi. Ecco, giunti alle conclusioni mi sento di dire che: non ci ho capito pressoché nulla in Eggshells, vuoi per mancanza di basi storiche e culturali e vuoi per la natura stessa del film che non è di facile lettura (senza mai scordare gli eventuali limiti celebrali del sottoscritto), comunque sia alla fine è sempre un po’ il solito discorso, checci importa di capire se anche con tutte le imperfezioni del caso abbiamo provato brandelli di fascinazione?

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