Prima del successo
epocale di Non aprite quella porta (1974) Tobe Hooper dava
alla luce un lavoro che se non è definibile come l’opposto di uno
dei capisaldi horror della nostra epoca poco ci manca, Eggshells
(1969) avrebbe anche un possibile strato argomentativo più o meno in
linea con il film successivo, siamo in Texas e la lente di Hooper si
occupa nuovamente di una casa e di alcuni giovani che vi risiedono
all’interno, inoltre sono chiari i rimandi al contesto sociale
dell’epoca (ce lo dimostra una parata pacifista che apre l’opera)
che si palesa alle nostre orecchie per bocca dei loquaci protagonisti
colti da un taglio filmico che a tratti sa essere perfino vero,
reale. I punti di contatto sono dunque questi, tuttavia il regista
americano per il suo lungometraggio d’esordio si rifà ad un cinema
sessantottino e controculturale che non ha niente da spartire con
l’enciclopedia horrorifica, è comunque una sorpresa: non sono un
esperto di Hooper, non ho praticamente mai visto nulla oltre i suoi
prodotti più celebri, ma è evidente che dopo l’exploit del ’74
abbia improntato l’intera carriera verso l’area della “paura”,
Eggshells, invece, può
spaventare, ma in modo diverso, poiché è un oggetto enigmatico,
bizzarro, folle, non c’è una goccia di sangue qui, non scorrono
brividi né mattanze, il confine a cui giunge Hooper parrebbe quello
dell’arroganza artistica, però il non-tutto che costituisce il
film va a mio avviso rapportato al periodo d’appartenenza
e se poi aggiungiamo la giovane età di chi reggeva la mdp, credo che
l’evidente confusione a cui si va incontro debba essere carpita più
come un moto di ribellione sbarazzino che un cervellotico e fine a se
stesso affresco hippie.
Di
roba dentro ad Eggshells
ce n’è sicuramente tanta, più che altro ci sono almeno due
fattori che sviano l’attenzione: l’assenza di una linearità
tramica ed un uso esuberante di parecchi elementi tecnici da parte di
Hooper, in ambo i casi direi che c’è da essere soddisfatti, non
sarà una pellicola semplice ma almeno non è allineata alla banalità
del già visto. In un andamento che si avvicina quasi al
documentario, vengono aperte delle parentesi intensificate alla
grande in fase di montaggio che ci ubriacano, graffiature
psichedeliche di assoluto rispetto che proiettano la storia, o quel
che ne rimane, in meandri lisergici che non dispiacerebbero al Noé
di Enter the Void
(2009) o a qualche integerrimo avanguardista, si segnala una sequenza
verso l’inizio che enuclea quanto appena detto dove veniamo
allucinati da un accelerato tour della casa (discutibile solo il
buffo e respingente commento sonoro) ed un’altra verso metà che
distorce e contorce un rapporto sessuale. Non solo manipolazione
post-produttive, nella diegesi si rintraccia una discreta quantità
di particolari accorgimenti (la lunga ripresa frontale della scala) e
sane (si fa per dire) stramberie (che accidenti c’è nella
cantina?) da soddisfare quella weird-attitudine che alberga dentro di
noi. Ecco, giunti alle conclusioni mi sento di dire che: non ci ho
capito pressoché nulla in Eggshells,
vuoi per mancanza di basi storiche e culturali e vuoi per la natura
stessa del film che non è di facile lettura (senza mai scordare gli eventuali
limiti celebrali del sottoscritto), comunque sia alla fine è sempre
un po’ il solito discorso, checci importa di capire
se anche con tutte le imperfezioni del caso abbiamo provato brandelli
di fascinazione?
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