Ma io non ho interesse ad
essere realista. Il mio compito non è di descrivere il
terrorismo di oggi. Ciò che desidero è cogliere una
sensazione. Sensazione che è una variante della storia: la
rabbia che sente di non potersi esprimere altrimenti che con
un’insurrezione armata. A questa variante che è
l’insurrezione io ho dato una forma particolare. Ma che non ha
nulla di realista. Non deve esserlo.
(Bertrand Bonello da qui)
Dice Bonello che la
scrittura di Nocturama (2016) è iniziata ben sei anni prima
dei celeberrimi attacchi islamisti del 2015, e che lo spunto nacque
da una necessità di girare qualcosa orientato all’attualità
in risposta ad un oggetto come House of Tolerance (2011) che
invece guardava al passato (ma non del tutto se ricordiamo bene…),
quindi il progetto che prende il titolo da un omonimo disco di Nick
Cave è stato pensato con largo anticipo rispetto agli eventi
terroristici che hanno colpito la capitale francese, ma passando
oltre lo stupore generatosi da una tale infausta profezia, si può
cominciare a ragionare sull’opera ammettendo che il regista
nizzardo non sfugge alle analisi comparative tra ciò che è
accaduto nella realtà e ciò che invece accade nel film, e
provando a calarci nella sua testa è possibile che Bonello avendo
avvertito il montare di uno stato insurrezionale (non bisogna
scordare il clima delle banlieu già rovente nel 2005), sia stato spinto dalla
necessità di porre e proporre una personale visione
sull’argomento per costruire un oggetto come
Nocturama a cui, fortunatamente, è stata potata tutta
l’eventuale eziologia della sommossa, tutta la pletora di concause
sociali e di biografie fittizie, il gruppo di giovani che Bonello
assembla non ha una storia dietro, è estraneo a
fondamentalismi religiosi barra militanze politiche, o meglio, è
lo spettatore ad essere estraneo a ciò sebbene comunque si
possano supporre motivazioni che rientrano nei due esempi di cui
sopra (i tratti somatici di molti ragazzi della banda non sembrano
esattamente europei e uno di loro ad un certo punto è convinto
di andare in Paradiso nonostante la strage commessa), ma nulla viene
esplicitato poiché facendo fede alla citazione in testa
l’autore non riproduce una cronaca, il suo cinema questa volta è
scentrato, raffinato ed anche ludico (il vezzo degli split-screen che
continua a perpetuarsi), scevro di psicologie e di istruzioni per
l’uso.
Ma è anche un
cinema che con gli anni sta mutando rispetto alle prime apparizioni,
un segnale ce lo aveva già dato il precedente Saint Laurent
(2014) che ad oggi continua a rimanere il film più debole
dell’intero curriculum, in Nocturama stupisce (e se in
positivo o in negativo è un dilemma che non riesco ancora a
risolvere) una prima porzione che viaggia a ritmi incredibilmente
elevati, quasi fosse la parte centrale di un action-movie canonico il
montaggio è un progressivo avvicendamento di situazioni
preparatorie alla serie di attentati, mai nella visione di Bonello la
cadenza narrativa si era fatta così concitata, e in fondo il
risultato non è nemmeno troppo inopportuno perché a
prescindere dalla rapidità espositiva che poco c’entra con
l’apprezzamento, è sempre la tendenza a bypassare quei
perché che mancando smagriscono il racconto a rendere il film
illogico, impossibile, irreale (non è plausibile che un
manipolo di ragazzetti possa mettere sotto scacco una metropoli… o
sbaglio?), e si tratta di una inverosimiglianza che è
salutare, che pur adagiandosi su una precisa corporeità (è
il corpo di Parigi visto dall’alto a darci il benvenuto) non è
interessata ai processi di storicizzazione. Il secondo segmento apre
ulteriori scenari (e ritorna un’attitudine a dividere in due la
proiezione, vedi Tiresia, 2003) più in linea con la
poetica bonelliana, e al di là dei possibili ragionamenti
sull’entità-centro commerciale in raffronto ai rivoltosi che
lascio all’evidenza, si enuclea come per le prostitute di House
of Tolerance la possibilità di uno spazio fisico
convertibile in spazio cerebrale, e perciò qui la portata
aumenta la propria percentuale di astrazione: dentro al lussuoso
iper-mercato Bonello sbriciola il realismo residuale creando
un’illusione che non fatica affatto a riversarsi in chi guarda il
quale arriva perfino a credere alla fattibilità dell’ingenuo
piano dei sovversivi, tuttavia questo percorso di auto-penetrazione
mentale da parte dei terroristi (io = manichino) non fa che rivelarne
la puerilità che li caratterizza scandita da un passare delle
ore che scolora senza appello la collante utopia insurrezionalista.
È, alla fine, una strada di realificazione che cominciata e
proseguita su frequenze idealizzanti termina in un crudo risveglio
pragmatico.
In tale ottica la
conclusione ha una ragione di esistere, e non è un finale
esaltante, al pari di Nocturama in sé che comunque
dell’attenzione la merita, è piuttosto un finale necessario
poiché nella struttura filmica si pone come un fatto
ineluttabile, ed anche se il blitz della polizia è una
situazione “normale” da un punto di vista tramico, è
esattamente la restaurazione della normalità a cui Bonello
mira attraverso una parabola che gradamente certifica l’incursione
della realtà nel suo mondo sigillato, checché ne dica
lui stesso, e una volta delineato un chimerico stato guerrigliero il
sapore della concretezza ha il suono dei proiettili che crivellano la
carne.
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