Joung Yu-mi (o Joung
Yumi, trovo sempre affascinante l’eterografia di certi cognomi
esteri, soprattutto orientali, come se una persona avesse un’altra
identità), animatrice sudcoreana classe ’81, in una
micro-storia autobiografica, queste le sue parole prese dal sito
ufficiale (link): “quando comincio a fare i lavori di casa il mio
cervello inizia a pensare e a riempirsi di preoccupazioni inutili, ma
appena finisco tutto svanisce. Eppure so che le mie apprensioni prima
o poi torneranno, esattamente come la polvere che ho appena spazzato
via”.
Traslazione dei propri
fantasmi, dunque, con uno stile che se possibile trascende il
minimalismo, e perciò più che essenziale, scevro, linee
di lapis su sfondo bianco: stop. Non c’è volutamente niente
in Munjiai (2009), e giustamente aggiungo, perché è
il Niente che sostanzia buona parte della vita dove le finestre di
emotività sono spiragli disseminati ogni tanto sulla parete
della routine: alzarsi, sentirsi infreddoliti, sistemarsi il letto,
pulire, mettere in ordine, lavarsi, cucinarsi. L’uso del si
riflessivo dovrebbe suggerirvi l’idea che in Dust Kid, e al
di fuori di Dust Kid, non vi è molta compagnia, se non
quella dell’angoscia. La Yumi non si affanna nel dirci queste cose,
il suo pensiero vive in una biforcazione, è tenue il metodo
espositivo, così come è greve il sottotesto che ha la
qualità di darci del tu in una stretta confidenziale dalla
quale non possiamo esimerci. Oso parlare di intimità e lo
faccio: se la regista avesse optato per un approccio
spettacolarizzante, cosa impossibile visto il tenore degli altri
lavori personali (animati e non), di sicuro non avrebbe sortito
effetti significativi sullo spettatore poiché sarebbe
banalmente scaduta nella rappresentazione delle inquietudini
ricorrendo a qualche bestiario del perturbante, invece in Munjiai
tutto si riduce all’infinitesimale, sicché l’Afflizione è
con intelligenza antropomorfizzata, e non con un essere umano a caso,
bensì con il doppelgänger di noi stessi,
miniaturizzato, reso insetto ricorsivo: il finale è
condivisibile: non esiste discarica per la Sofferenza, né il
cestino, né le fogne, l’unica possibilità è la
convivenza.
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