Corto ammorbato già
nel titolo proprio perché il titolo diventa a priori
l’esplicitarsi del manifesto intenzionale: Ben Aston (ex studente
laureatosi alla London Film School con He Took His Skin Off for
Me, 2014) pensa all’impatto, allo shock frontale senza mezzi
termini, e Ben Aston fa: scuoia il suo protagonista, lo spella
lasciando in vista tutto l’apparato muscolare. Presto (già
dal nome del film, appunto) si capisce però che questo è
uno shock monodimensionale, dov’è lo spessore? Dov’è
una possibile lettura oltre la patina para-horrorifica?
Semplicemente, latitano. Come tutti i prodotti, e per prodotti non si
può che intendere oggetti lontani da una dignità
artistica, anche questo mira esclusivamente alla superficie, allo
sviluppo lineare dell’idea di partenza, ma così facendo non
vi è alcuno sviluppo, solo stagnazione nella medietà
del già visto, e onestamente sottozero me ne cala della
perizia con cui gli esperti hanno scarnificato l’uomo (pare ci sia
voluto un team di ben dodici persone per otto ore al giorno di trucco
[link]) perché non è questo il cinema che ci riempie, e
non è attraverso escamotage epidermicamente traumatici che si
può lasciare un segno.
Mi si potrà dire
che il mettersi a nudo del tizio è una trasposizione
dello spogliarsi letteralmente di fronte all’Altro in un quadro
sentimentale senza figurazione, al che è inevitabile
controbattere asserendo che tale chiave di lettura si direziona
docile docile nel parcheggio della facciata, appena assimilato il
concetto ogni cosa (ma quale cosa?!) sfibra di interesse, e il
teatrino affettivo così impostato con piatti rigagnoli di vita
coniugale non può che scadere nell’insipida prevedibilità.
Piano e largamente ipotizzabile, il cortometraggio del giovane
londinese Aston è dunque quanto di peggio è possibile
vedere oggidì, prendiamo le distanze da chi usa il cinema come
palcoscenico per esibire con mezzi improducenti la propria
striminzita idea.
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