venerdì 10 febbraio 2017

He Took His Skin Off for Me

Corto ammorbato già nel titolo proprio perché il titolo diventa a priori l’esplicitarsi del manifesto intenzionale: Ben Aston (ex studente laureatosi alla London Film School con He Took His Skin Off for Me, 2014) pensa all’impatto, allo shock frontale senza mezzi termini, e Ben Aston fa: scuoia il suo protagonista, lo spella lasciando in vista tutto l’apparato muscolare. Presto (già dal nome del film, appunto) si capisce però che questo è uno shock monodimensionale, dov’è lo spessore? Dov’è una possibile lettura oltre la patina para-horrorifica? Semplicemente, latitano. Come tutti i prodotti, e per prodotti non si può che intendere oggetti lontani da una dignità artistica, anche questo mira esclusivamente alla superficie, allo sviluppo lineare dell’idea di partenza, ma così facendo non vi è alcuno sviluppo, solo stagnazione nella medietà del già visto, e onestamente sottozero me ne cala della perizia con cui gli esperti hanno scarnificato l’uomo (pare ci sia voluto un team di ben dodici persone per otto ore al giorno di trucco [link]) perché non è questo il cinema che ci riempie, e non è attraverso escamotage epidermicamente traumatici che si può lasciare un segno.

Mi si potrà dire che il mettersi a nudo del tizio è una trasposizione dello spogliarsi letteralmente di fronte all’Altro in un quadro sentimentale senza figurazione, al che è inevitabile controbattere asserendo che tale chiave di lettura si direziona docile docile nel parcheggio della facciata, appena assimilato il concetto ogni cosa (ma quale cosa?!) sfibra di interesse, e il teatrino affettivo così impostato con piatti rigagnoli di vita coniugale non può che scadere nell’insipida prevedibilità. Piano e largamente ipotizzabile, il cortometraggio del giovane londinese Aston è dunque quanto di peggio è possibile vedere oggidì, prendiamo le distanze da chi usa il cinema come palcoscenico per esibire con mezzi improducenti la propria striminzita idea.

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