C’è La Storia e
c’è la storia, e come probabilmente è giusto che
debba essere, nei film di questo tipo, rari ovviamente, le due piste
a lungo andare non possono che combaciare: L’image manquante
(2013) è così: nella descrizione del particolare si
spalancano botole sull’universale e cadere è un attimo.
Tump. L’opera di Rithy Panh, sebbene focalizzata su un preciso
periodo storico, nel renderci partecipi dei soprusi commessi da Pol
Pot e dalla sua ottusa ideologia tracima il recinto del contesto di
riferimento per proporsi su un piano archetipico, una possibilità
che rimanda a quell’origine che permea i testi storici, che è:
ci sono uomini che vessano e ci sono altri che resistono. Tutto, in
fondo, si riconduce ad una tale inestricabile diade, ma non è
il tutto de L’immagine mancante, è proprio tutto
Tutto, la vita umana sul pianeta Terra (copyright by Giuseppe Genna)
per intenderci, ed è per una motivazione del genere che
assistere al duo The Act of Killing (2012)
/ The Look of Silence (2014),
o all’impetuoso The Autobiography of Nicolae Ceaușescu (2010), o a qualunque altro lavoro incentrato sugli effetti di una
politica dispotica ed estremista sul popolo innocente, arricchisce la
condizione di spettatore che di conseguenza diventa di più.
Credo non ci siano dubbi nel sostenere che L’immagine
mancante, al pari delle opere
sopraccitate, attui un processo di emersione grazie al dispositivo
cinematografico e, una volta che la storia risale a galla, ecco che
si palesa La Storia.
Nello specifico il film
di Panh, uno che parla con assoluta legittimità essendo stato
vittima dei Khmer Rossi e avendo perso tutta la famiglia in quegli
anni bui, si avvale di un meccanismo rappresentativo che apre la
scatola del documentario, nella riproposizione presepiale degli
eventi con statuine fatte di terra, la stessa che idealmente accoglie
tuttora i resti di quelle persone trucidate, è come se si
rievocassero i martiri della strage, è un’apparizione che li
eterna, che getta su di loro uno spazio effettivamente mancante (sì, ci sono le immagini di archivio qui insertate, ma
comunque nascevano sotto un’egida propagandistica), e, aspetto che
non sottostimerei, l’uso dei fantocci non inficia l’efficacia
della proposta, anzi molto meglio una scena allestita con modalità
così creative (ci sono anche licenze poetiche come il volo
pindarico di tre giovani anime) che una fiction banalizzante. Se c’è
una nota stonata è a mio avviso il tono dell’io narrante che
in taluni frangenti tende un po’ troppo a fare della letteratura, a
romanzare, a farsi bignami di possibili citazioni, non so se ciò
sia dovuto alla resa linguistica dell’italiano ma tramite suddetto
registro la visione si appesantisce di orpelli inessenziali, ad ogni
modo nulla di compromettente: L’immagine mancante fa il suo
dovere: riempire un vuoto.
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