Abbastanza interessante
sul piano sintattico, di sicuro non seminale ma comunque deviante dai
binari del cinema narrativo italiano, Inassenza (2012) di
Domenico De Orsi è corto che destituisce il racconto
convenzionale in favore di un flusso atemporale. Il regista, e
soprattutto montatore, cancella la cronologia degli eventi preferendo
una trasmissione che vive negli strappi visivi, nella ricorsività
dei dettagli, nella rarefazione dialogica, e tutto questo è
bene: perché ciò che ne fuoriesce è un fiotto di
istantanee dove non esiste più una progressione ma “soltanto”
un continuo tourbillon epifanico dal cuore autoptico, è
infatti cristallizzato nel gelo del lutto Inassenza, ma la
morte, seppur aleggiante, rientra nella composizione ellittica per
cui in entrambi i due spaccati funerei non ci sarà nessun
contatto diretto con Essa. Le ellissi sono così disseminate in
questi ventotto minuti che il tempo intendibile non esiste più,
ne consegue che chi guarda è chiamato ad uno sforzo
comprensivo non proprio minimo (il sottoscritto ha dovuto vedere
Inassenza due volte per capirci qualcosa di più, e non
è detto che ci sia riuscito), va anche detto, però, che
il film pur uscendo dall’ordinario non trascende nello
straordinario, se facciamo riferimento a quel cinema sensoriale che,
al pari di Inassenza, ha nel digitale il proprio traino
innovativo, qui il retaggio di un certo classicismo non riesce ad
arrivare in zone inesplorate.
La cura del particolare è
avvertibile, si veda lo scotch sul vetro di Lena, una diapositiva
assente che ritrae un’assenza, o l’improvviso ed
apparentemente incomprensibile zoom su una lampeggiante freccia
automobilistica, ed anche tecnicamente almeno una soluzione piace,
quella che attraverso una regale panoramica omette lo strazio di
Paola in seguito alla nefasta notizia. De Orsi, insomma, si avvale di
un discreto apparato metodologico fatto di incastri e finezze per
ribaltare l’assetto del cinema lineare che immonda la purezza della
Visione, ci riesce e non ci riesce, delle scorie intossicanti che non
riesco a descrivere permangono.
(chiedo perdono a De Orsi, da non professionista faccio fede alle mie capacità
esegetiche amatoriali, e qui se parliamo di sensazioni l’unica che ho
avvertito in modo chiaro è stata quella di non pieno
appagamento, come se oltre alla patinatura formale ci fosse stato
bisogno di più cuore. Ma non sono in grado di spiegarne
dettagliatamente i motivi, a volte va così)
Ciao ale, scusa se ti scrivo qui ma magari lo leggi + facilmente.
RispondiEliminaHo appena visto l'ultima fatica di Gutierrez ( quello di las letras per intenderci),ed è un capolavoro assoluto, giuro non ho parole per descriverlo,ti ho pensato subito a fine visione perchè è un qualcosa di totalmente oltre che devi assolutamente vedere !!
Non pensavo che potesse esserci qualcuno in grado di emozionarmi e conferirmi una visione cosi ''altra'' delle cose come reygadas ma qui siamo forse ad uno stadio successivo...
Il film si chiama Still the Earth moves e lo trovi in free streaming su festivalscope
https://www.festivalscope.com/all/film/still-the-earth-moves/auto-play
so già che ne scriverai ( vorrei farlo pure io ma qua sarà durissima) e non vedo l'ora !!!
Porca miseria! Lo guardo di sicuro, grazie Dries!! Questo ragazzo è veramente bravo!
RispondiEliminaaltro che bravo, è un genio!! e qui si è superato *_*
RispondiEliminaE questi quando li vedremo?
RispondiEliminaEl resto del mundo
Tapetum Lucidum
Terrafeni
Santuario
Cynomys
:(
qualcosa ci inventeremo :D
Eliminaintanto se vuoi vedere a cosa andrai incontro con Still the earth moves ( o se poi vorrai confrontarti) qui ho buttato 2 righe....
RispondiEliminahttp://soundofmyvoicedries.blogspot.it/2017/03/still-earth-moves.html
poi comunque vedilo al più presto che sono troppo curioso di sentire che ne pensi :D