sabato 25 febbraio 2017

Inassenza

Abbastanza interessante sul piano sintattico, di sicuro non seminale ma comunque deviante dai binari del cinema narrativo italiano, Inassenza (2012) di Domenico De Orsi è corto che destituisce il racconto convenzionale in favore di un flusso atemporale. Il regista, e soprattutto montatore, cancella la cronologia degli eventi preferendo una trasmissione che vive negli strappi visivi, nella ricorsività dei dettagli, nella rarefazione dialogica, e tutto questo è bene: perché ciò che ne fuoriesce è un fiotto di istantanee dove non esiste più una progressione ma “soltanto” un continuo tourbillon epifanico dal cuore autoptico, è infatti cristallizzato nel gelo del lutto Inassenza, ma la morte, seppur aleggiante, rientra nella composizione ellittica per cui in entrambi i due spaccati funerei non ci sarà nessun contatto diretto con Essa. Le ellissi sono così disseminate in questi ventotto minuti che il tempo intendibile non esiste più, ne consegue che chi guarda è chiamato ad uno sforzo comprensivo non proprio minimo (il sottoscritto ha dovuto vedere Inassenza due volte per capirci qualcosa di più, e non è detto che ci sia riuscito), va anche detto, però, che il film pur uscendo dall’ordinario non trascende nello straordinario, se facciamo riferimento a quel cinema sensoriale che, al pari di Inassenza, ha nel digitale il proprio traino innovativo, qui il retaggio di un certo classicismo non riesce ad arrivare in zone inesplorate.

La cura del particolare è avvertibile, si veda lo scotch sul vetro di Lena, una diapositiva assente che ritrae un’assenza, o l’improvviso ed apparentemente incomprensibile zoom su una lampeggiante freccia automobilistica, ed anche tecnicamente almeno una soluzione piace, quella che attraverso una regale panoramica omette lo strazio di Paola in seguito alla nefasta notizia. De Orsi, insomma, si avvale di un discreto apparato metodologico fatto di incastri e finezze per ribaltare l’assetto del cinema lineare che immonda la purezza della Visione, ci riesce e non ci riesce, delle scorie intossicanti che non riesco a descrivere permangono.

(chiedo perdono a De Orsi, da non professionista faccio fede alle mie capacità esegetiche amatoriali, e qui se parliamo di sensazioni l’unica che ho avvertito in modo chiaro è stata quella di non pieno appagamento, come se oltre alla patinatura formale ci fosse stato bisogno di più cuore. Ma non sono in grado di spiegarne dettagliatamente i motivi, a volte va così)

6 commenti:

  1. Ciao ale, scusa se ti scrivo qui ma magari lo leggi + facilmente.
    Ho appena visto l'ultima fatica di Gutierrez ( quello di las letras per intenderci),ed è un capolavoro assoluto, giuro non ho parole per descriverlo,ti ho pensato subito a fine visione perchè è un qualcosa di totalmente oltre che devi assolutamente vedere !!
    Non pensavo che potesse esserci qualcuno in grado di emozionarmi e conferirmi una visione cosi ''altra'' delle cose come reygadas ma qui siamo forse ad uno stadio successivo...

    Il film si chiama Still the Earth moves e lo trovi in free streaming su festivalscope


    https://www.festivalscope.com/all/film/still-the-earth-moves/auto-play

    so già che ne scriverai ( vorrei farlo pure io ma qua sarà durissima) e non vedo l'ora !!!

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  2. Porca miseria! Lo guardo di sicuro, grazie Dries!! Questo ragazzo è veramente bravo!

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  3. altro che bravo, è un genio!! e qui si è superato *_*

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  4. E questi quando li vedremo?

    El resto del mundo
    Tapetum Lucidum
    Terrafeni
    Santuario
    Cynomys

    :(

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  5. intanto se vuoi vedere a cosa andrai incontro con Still the earth moves ( o se poi vorrai confrontarti) qui ho buttato 2 righe....

    http://soundofmyvoicedries.blogspot.it/2017/03/still-earth-moves.html

    poi comunque vedilo al più presto che sono troppo curioso di sentire che ne pensi :D

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