venerdì 15 luglio 2016

Mirage

Hajdu abbandona il fare pantagruelico di Bibliothèque Pascal (2010) e presenta Mirage (2014) per quello che è: un film orribile. Sarebbe interessante sapere perché questo regista ungherese è passato da un’opera scoppiettante, piena di intuizioni tecniche e narrative, ad una robetta come Délibáb che sembra il precipitato di un cinema con cui non si ha proprio più voglia di confrontarsi. Sì, come le recensioni in Rete rimarcano Mirage è lento e silenzioso, due connotati che non per forza lo fanno entrare in un’area elitaria, perché in realtà il nucleo è di cinema ammuffito, palla di ragnatele inconsistente; un po’ come Tarantino e McQueen Szabolcs Hajdu si concentra su un tema che, sorprendentemente, è proliferato in molte delle produzioni americane degli ultimi anni [1]: lo schiavismo. In sintesi: un uomo di colore in fuga solitaria nella puszta ungherese (è Isaach De Bankolé visto in Manderlay [2005] e The Limits of Control [2009]) finisce nelle grinfie di un negriero 2.0. Da qui si snodano situazioni di una banalità oltraggiosa come le cattiverie della banda, la fuga impossibile, il flirt con la donna del capo. Se parificato al film precedente Mirage sembra provenire da un altro pianeta, precisamente il pianeta sala-friendly. Su IMDb è catalogato come “western”, ed in effetti c’è un che del genere, ma parliamo di inezie come quando il protagonista entra nel bar-saloon o nel finale con l’uscita trionfale a cavallo, per tutto il resto si naviga in una melmosa perplessità.

Si centra il bersaglio se si dice che Mirage non ha un’identità. Il sottoscritto, alla lettura della sinossi, auspicava che il film potesse lanciarsi nella metafora ripercorrendo i sempre attuali scenari dell’immigrazione, bastano pochi minuti, però, a capire che si sceglieranno altre strade piuttosto che l’impegno politico. All’inizio il grottesco signoreggia ed illude: Hajdu sfilaccia le ragioni senza tematizzare un bel niente, memore del dramma sportivo White Palms (2006) getta nel calderone insulti razzisti verso i calciatori (e lo fa con una sequenza insensata e slegata), la crudeltà impersonata da una gang improbabile con un boss ancor più improbabile, una farlocca deriva sentimentale pretestuosa, e poi scene action che non reggerebbero il confronto nemmeno con un prodotto televisivo in prima serata, e il bene che sconfigge il male, e no. Ma proprio no. Non vorrei risultare ripetitivo ma fatico a capacitarmi del cambio di rotta del regista, sarà anche una mia sopravvalutazione di Bibliothèque Pascal dettata da un debole personale verso un cinema che pur avendo i piedi per terra sa volgere lo sguardo alla surrealtà, sarà, ma in merito a Délibáb permane un’evidenza che sono pronto a dichiarare incontrovertibile: questo è un brutto, ma davvero brutto, film.
________________
[1] Il copyright di tale osservazione appartiene al critico Giulio Sangiorgio. Si rimanda ai suoi scritti per una disamina più approfondita. Comunque, oltre ai due registi sopraccitati va anche aggiunto l’Anderson di The Master (2012).

7 commenti:

  1. pensa che ho avuto io la sciagurata idea di tradurlo...una vera merda anche se non consideriamo i trascorsi di Hajdu :(

    RispondiElimina
  2. Tenendo conto del film successivo, che sulla carta non promette niente di buono, direi che con Hajdu siamo già ai saluti.

    RispondiElimina
  3. manco ero a conoscenza di un altro film dopo questo...ho visto ora il trailer e purtroppo temo tu abbia ragione :/ anche se dopo il tradimento di Fliegauf niente mi fa più effetto da questo punto di vista...:(

    RispondiElimina
  4. mi riferisco a tutto quello che ha fatto dopo Tejut, Liliom osveny compreso

    RispondiElimina
  5. Secondo me con Just the Wind qualcosina ha recuperato rispetto a Womb. Niente di eclatante comunque. L'ultimo lo visionerò appena possibile.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. si certo Just the wind non è un brutto film cosi come non lo è liliom osveny ma c'è comunque un abisso rispetto ai suoi primi lavori...ormai ha cambiato decisamente rotta verso qualcosa di più ammiccante ai vari festival ...insomma un nuovo dealer ce lo possiamo sognare !

      Elimina