Terzo per
brevità dopo Love Song (1984) e VAGINA & VIRGIN
(1995?), Chichi no hi
(2003) è un cortometraggio di
Sion Sono che parrebbe anticipare quello che per un certo periodo,
probabilmente il migliore, ad oggi, di tutta la sua carriera, è
stato un tema per lui im-portante, infatti in un capodopera come Cold Fish (2010) o negli altrettanto
memorabili Love Exposure
(2008) ed Himizu
(2011), il regista giapponese ci andava giù pesante con la famiglia
impegnandosi a disintegrare ogni legame relazionale giungendo, alla
fine, ad una completa spersonalizzazione dei soggetti in scena, era
un grande Sono e, seguendo i parametri dell’eccesso, anche un
grande cinema, poi si sa come sono andate le cose e non è il luogo
adatto per intristirci, tuttavia Father’s Day
racchiude in embrione un non troppo diverso assalto terroristico al
nucleo famigliare, se osserviamo la scenetta costruita ad hoc abbiamo
un menù di imbruttimento disumano che devasta tre legami in un colpo
solo, quello dei fidanzati con le due sorelle e quello di queste
ultime con il padre (o presunto tale). Se ci si sofferma un secondo i
dodici minuti del film potrebbero essere anche considerati brutali se
non fosse che Sono cazzeggia un po’ stemperando il livello di
morbosità con alcune trovate più giocose e alleggerenti (si prenda
il costume del “papà” o l’introduzione dell’idraulico), il
meccanismo ad ogni modo per me funziona perché genera delle
aspettative, e la soluzione finale, se in prima battuta mi era
sembrata un’idiozia, a ben pensarci è in linea con l’assunto
dell’opera: le sorelle (e una non può che chiamarsi Mitsuko) non
ricordano nemmeno che faccia abbia il proprio genitore, mentre i tre
maschi si sganasciano pensando a quando giungerà il momento di
festeggiare la ricorrenza paterna.
Le
intenzioni sono dunque buone e arrivano a destinazione pur essendo
servite in modo... dimenticabile ad essere buoni, siamo davvero ai
confini della professionalità: videocamera anni zero che cattura la
realtà in un digitale sciatto e appiattente dal tono
quasi amatoriale, è plausibile poi che la videocamera in questione
fosse solo una (cosa che si avverte abbastanza una volta fruito
l’intero lavoro), arrangiati poi alla carlona i supposti picchi
drammatici con una sbiaditura in bianco e nero che tenta di inscurire
la vicenda, e comparto attoriale, infine, sempre esagitato ed in tipica
botta sononiana. Aldilà di queste pecche prettamente
tecnico-estetiche Father’s Day è
dei lavori ridotti di Sono pre-trilogia quello in cui si
iniziano ad intravedere i rossori di una brace in via di
surriscaldamento (niente a che vedere con i deliri autocelebrativi
degli esordi), e se per Decisive Match! Girls Dorm Against Boys Dorm (1988) dicevo che la
visione era consigliata solo ai fan di Sion, qua ci andrei cauto, non
è da ricordare nei secoli a venire, è, piuttosto, un piccolo
tassello che aiuta a comprendere il disegno globale di questo folle
artista nipponico.
Di nuovo grazie a Claudio per la disponibilità.
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