Più che un
cortometraggio, un piccolo scrigno su cui il cinema narrativo
dovrebbe buttare un occhio, anzi due, e comprendere che per fare
dell’intrattenimento intelligente bisogna adoperarsi un minimo nel
ravvivamento della scrittura, qui non si parla di alta settima arte,
no, Jacco’s film (2009) potrebbe essere un onesto prodotto
da sala qualunque, con la differenza che all’uscita della suddetta
l’istinto di asfaltare il botteghino per riavere indietro i sudati
denari sarebbe sopito da quanto si è potuto vedere: un prodotto
“divertente” che non trascende niente, che fa leva sull’inezia
che lo forma e che non si conforma troppo alle leggi soverchianti.
Daan Bakker ha quel tanto di materia grigia che basta per far
compiere un gesto semplice durante la fruizione, quello del sorriso
che ogni tanto fa capolino sulla nostra faccia, e le motivazioni così
semplici ed immediate da rintracciare fanno sorgere interrogativi che
si riversano sugli ingranaggi del mainstream: troppe storie tutte
uguali e soprattutto troppi modi di raccontarle identici. Si diceva
delle motivazioni: l’olandese, praticamente un neofita della regia
con nel curriculum personale un paio di sceneggiature scritte per
altri, è molto bravo a dare un tono effervescente al film che, già
col genitivo sassone del titolo, rivendica la chiara appartenenza
dell’opera: Jacco è un bambino e come tale la percezione del
mondo che lo circonda è filtrata dal proprio sentire, Bakker, in
sostanza, non fa che assecondare un tale punto di vista adeguando il
cinema alle necessità delle varie situazioni.
In quindici minuti di
girato gli ornamenti estetici abbondano e rivelano una vitalità che
non conosce momenti di vuoto, esattamente come la vulcanica mente di
Jacco sempre pronta a diffondersi liquidamente in ogni direzione
percorribile (dalla zoologia alla geografia passando per
l’ingegneria), tanto che Bakker arriva perfino a consegnare al
bimbo le chiavi per accedere al mezzo di trasmissione, per
riavvolgerlo e risemantizzarlo a piacimento, ed ecco quindi che una
furibonda lite tra i genitori si deforma, sotto la sua ingenua lente,
in un buffissimo elogio verso il figlioletto che palpita in quel
contrasto di cui abbiamo piena consapevolezza: tra la realtà dei
fatti e la corrispettiva deformazione. La crisi genitoriale è il
vero sottotesto poiché Jacco’s film parla anche di uno
spaccato famigliare con padre disoccupato dipendente dalle
macchinette e madre esasperata dalla triste quotidianità, ma grazie
alla possibilità di farci entrare nell’ottica infantile (e quindi
molto più leggera, incantata e colorata di quella adulta) il film
non scade in qualche pericoloso –ismo, al contrario ci beffa!,
nell’unico istante in cui pare che la vicenda si rabbui, Jakko, il
vero regista della storia, con un azione! fa ricominciare
tutto gioiosamente da capo.
Indubbiamente un film che
piacerebbe a gente come Jaco Van
Dormael o Wes Anderson.
l'ho trovato, sembra meritevole :)
RispondiEliminaa chiunque interessi: https://www.youtube.com/watch?v=la1D_usEbTA
RispondiElimina:)