Chi ha visto Noche
(2013) di Leonardo Brzezicki sa che si tratta di un Signor Film, un
film che esorbita nel suo riuscire a dare forma ad uno spazio che non
ha dimensione, che è quello del lutto, e quindi di un
sentimento profondamente personale, unico, sito dentro il
cuore di chi è ancora vivo. Girato pressoché
esclusivamente in ambienti esterni (tranne l’apice del suicidio
riascoltato che agghiaccia e immobilizza) senza l’ausilio di luci
artificiali, l’opera prima di Brzezicki è un oggetto ferino
che si inserisce con grandiosa personalità in quel clan
naturalistico dove il cinema è un portale verso mondi
squisitamente sensoriali, gli unici che possano far sussultare
realmente la nostra percezione. Non vorrei apparire pedante avendo
già ripetuto tali concetti parlando di altre due eccellenti
visioni sudamericane (Leones [2012] e Las letras
[2015]), ma è proprio con i metodi utilizzati da Brzezicki che
si compie nella sua pienezza l’atto di Vedere e questo traspare non
tanto dalla necessità di ricostruire il puzzle della storia,
quanto dai presupposti, dalle possibilità, dagli abbrivi che
il film fornisce e che non hanno alcun manuale di istruzioni con sé,
e allora, a prescindere dall’alone di enigmaticità (comunque
bellissimo e magnetico), si profila quella libertà ossigenante
che dovrebbe essere propria di ogni pellicola, è un prodigio
dell’arte poter lasciarsi andare in un flusso espositivo come
quello di Noche dove niente è certo, fisso, nemmeno i
campi di ripresa che si dissolvono a vicenda generando nuove
sovrapposizioni e prospettive.
I complimenti a Brzezicki
vanno fatti oltre che per la gestione tecnica della sua creatura
anche per l’idea che la costituisce poiché in un cinema
autoriale che sembra costantemente rapportarsi col concetto di
Fantasma (Alonso, Weerasethakul, qualcosa di Tsai), la proposta
dell’argentino è un refolo d’aria stordente che mescola,
come raramente è stato mai fatto, le coordinate
spazio-temporali attraverso un impianto che fa principalmente leva
sulla componente sonora. È una buia meraviglia. La ragnatela
di registrazioni che punteggia il soggiorno evocativo del gruppo di
ragazzi è un’enorme seduta spiritica che ha come medium
l’energia elettrica o, in surrogato, le pile alcaline dei piccoli
registratori. Da suddetta carica si genera la forza azzurra e
scintillante delle parole, dei ricordi di un suicida che felpatamente
si introducono nella staticità umida del bosco e che porta con
sé un carico terremotante, e quindi ancora energia, accumulo,
onde come cerchi nell’acqua che si espandono e richiamano a loro
echi di un dolore che si materializza nel boato di uno sparo (“la
caccia è iniziata”).
In generale, penso che
grazie al suono viviamo emozioni impossibili da articolare altrimenti
in modo razionale, e alla base del film c’è proprio la
voglia di fare qualche esperimento con un elemento che funziona
soprattutto a livello emotivo. Spezzare con il suono la linearità
del tempo e dello spazio, lavorare con uno spazio trasformato dal
suono stesso in una dimensione indipendente rispetto all’immagine,
ritrarre sensazioni e stati mentali in modo sottile: ecco dove nasce
Noche.
(Leonardo Brzezicki da
qui)
Dove l'hai pescato questo ?? lo cerco da un po' :)
RispondiEliminaTi scrivo stasera!
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