Mircea Cărtărescu
2016
Voland; 637 p.
2016
Voland; 637 p.
Quando muore un fiore, o una mosca, scompare un
mondo che non ha nemmeno saputo, per un istante, di esistere. Quando
muore un feto abortito e gettato tra rifiuti e spazzatura, si spegne
un cosmo raggrinzito prima di avere avuto la possibilità di
esistere. L’apocalisse è banale e quotidiana quanto la
genesi, in questo mondo che le mescola a ogni istante,
genesi-apocalisse o apocalissi-genesi snodata sopra una caule
neuronale.
375 + 571 + 637 = 1583.
Tante sono le pagine che compongono l’edizione italiana della
trilogia Abbacinante pubblicata dalla casa editrice Voland tra
il 2008 ed il 2016 a firma del genio letterario Mircea Cărtărescu,
scrittore incredibile che ha inciso il suo testo a mano con un
inchiostro che mescola tutti i liquidi e gli umori contenuti nel
corpo umano: sudore, urina, sperma, saliva, sangue, lacrime, e molto
altro che ancora non ci è dato comprendere perché lo
sforzo che sta dietro ad Abbacinante dà origine ad
un’Opera che non sta dentro le unità di misura, dire che
esonda è poco, che esorbita non è abbastanza, che
universalizza non è esatto, davvero: non si può parlare
di un libro che si aggiunge alla lista delle pietre miliari
dell’umanità dall’Odissea ad Infinite Jest,
non si può e non si dovrebbe perché il rischio è
quello di trasformare il proprio pensiero larvale in una monca
protesi del colossale organismo originario, ma è un rischio
che va corso anche solo per far sapere al mondo che Orbitor
esiste, che è sugli scaffali delle librerie italiche le quali
per un miracolo incomprensibile riescono a sostenere il peso di una
galassia di carta che non abbiamo mai vissuto, e che, al contempo,
conosciamo come le nostre tasche perché come tutti i
capolavori di qualunque settore artistico il dialogo che alla fine si
instaura con l’annesso fruitore è figliale, ombelicale,
leggere Abbacinante è come ripercorrere cent’anni
dopo il canale vaginale della propria madre e acquattarsi nuovamente
nel tepore ovattante del liquido amniotico.
Si è visto di
quanto i postumi di una dittatura annichilente hanno contribuito in
Romania al fiorire di un movimento cinematografico che dal 2000 in
poi è salito in cattedra, i vari Puiu e Mungiu razzolano
ancora oggi nei più importanti Festival internazionali e col
tempo si sono costruiti una solida fama nel loro ambito
professionale, ma il cinema rumeno degli ultimi anni, pur avendo una
radice culturale inevitabilmente simile alle produzioni di
Cărtărescu, è un manufatto che vuole aderire il più
possibile al reale e che lo viviseziona con fare autoptico, il buon
Mircea si colloca invece in una posizione opposta: parte sì da
basi concrete, quotidiane e personali, ma innesta all’interno di
esse un impianto che deflagra in ordigni di potente surrealtà.
Come in fondo molti, se non tutti, i grandi (e non) scrittori fanno,
Cărtărescu nel suo romanzo uno e trino racconta essenzialmente la
sua storia, in particolare l’infanzia, che è quella di un
ragazzino nato in Romania in una famiglia povera e che crescendo ha
visto allungarsi sul suo Paese la minacciosa ombra di Ceaușescu
fino ad un teso ed inevitabile punto
di non ritorno. Quindi, all’interno della trilogia si alternano
diversi piani narrativi che riguardano sia la biografia del suo
autore che quella della nazione di cui fa parte, ma di certo non si
può liquidare così la faccenda: la complessità e
la varietà di punti di vista, di narratori interni, di
digressioni rendono Abbacinante,
e forse specificatamente L’ala destra, il testo
massimalista che l’Europa non aveva ancora avuto.
Proprio in questa terza
parte le due succitate componenti (storia & Storia) raggiungono
apici altissimi in cui Cărtărescu dà l’impressione di
poter proseguire oltre l’infinito. Attraverso un linguaggio che è
colla e che stordisce tra riferimenti religiosi e voci da manuali di
medicina (l’unico appunto lo faccio all’uso esageratamente frequente
della parola “cranio”, non so se si tratta di un problema di
traduzione ma è un lemma troppo diffuso nel racconto), L’ala
destra è sia compendio e approfondimento
dell’infanzia/adolescenza di Mircea segnata in modo indelebile
dalle figure genitoriali così come è indelebile il
ritratto che ci viene offerto dei due, in particolare quello della
mamma, sia penetrazione nel tessuto politico della buia epoca di
Ceaușescu (e questa è una novità rispetto ai due
capitoli precedenti). In entrambi i casi l’ex poeta bucarestino
strabilia per la capacità di compiere accelerazioni che
folgorano e che divelgono letteralmente i paletti della logica, così
piano piano, parola dopo parola, il confine che separa il possibile
dall’impossibile si smaterializza e quello che si crea è un
tutto che è Tutto, una visione dantesca che si avvicina al
divino e, ovviamente, anche al luciferino. Non si contano i
cortocircuiti spazio-temporali che crivellano la trilogia, come non
si contano i salti in avanti bilanciati da ricordi ancestrali e da
altre diramazioni sanguigne che sbocciano da una pagina all’altra,
e questo smisurato quadro popolato da miriadi di personaggi che
potrebbero essere usciti dal pennello di Bruegel e che invece sono
figli dell’immaginazione dello sconosciuto Monsù Desiderio,
artista d’apocalissi seicentesco, a sua volta cellula del
mondo-abbacinante, arriva ad un suo completamento nella conclusione
de L’ala destra, un imbuto dove quel tutto trova una
collocazione nell’universo letterario che, alla fine, è
l’universo tout court. Di quanto ci sarebbe da dire, mi preme
sottolineare il compimento dell’ossessione rivolta al concetto di
simmetria che attraversa l’intera struttura, e grazie ad un finale
biblico viene sancito lo strepitoso incontro tra Mircea e Victor, tra
un’ala e l’altra, tra un riflesso e l’altro, e quello che si
scatena è una fine del mondo che si consuma tra l’amore fra
due fratelli e l’ascensione di un popolo sottomesso al cielo, tra
lo sfolgorio di un fiammifero ed il fragore immane del big-crunch
tombale.
Io che non sono niente mi
chiedo come abbia fatto Cărtărescu, una volta posto l’ultimo
punto al suo monumento di carta, a rapportarsi con le bassezze
dell’umano circostante, se scrivi un libro del genere, se dentro la
tua scatola cranica gli impulsi elettrici del cervello trasmettono
pensieri e idee di questo tipo, non sei una persona come le altre,
sei una lanterna, una candela, una fiamma che arde e che irradia un
bagliore, è il caso di dirlo, abbagliante. Abbandonate
immediatamente qualunque romanzetto voi stiate leggendo e immergetevi subito nei tumulti di Abbacinante,
perché ci sono tanti bei libri in giro, ma nessuno è
come questo.
Amico mio, finalmente ho fatto il grande passo, o perlomeno un piccolo passo verso l'arte di questo Maestro indiscusso , procurandomi Travesti, uno dei suoi primi romanzi che essendo ''solo '' 156 pagine mi sembrava l'ideale per approcciarlo. Ebbene, oggi dopo una quantomai densa settimana di lettura ( ho passato ore intere a rileggere brevi passaggi ammaliato e confuso dalla mostruosità estremamente lucida e al contempo a tratti inafferrabile della sua prosa,perdendomi cercando di figurarmi la complessità dei suoi incubi di inchiostro mischiato a pus che suppurava dai bordi delle pagine) finalmente (?) sono riuscito a finire la lettura e mentre ti scrivo queste righe mi sento totalmente confuso,fisso la parete in stato catatonico come travolto da qualcosa di troppo più grande di me ,qualcosa di cui faccio fatica anche solo a parlare ma della quale spero di potermi confrontare con te,perchè sei uno dei pochissimi che probabilmente potrebbe averlo letto e se così non fosse credo che prima o poi lo farai. Se penso che in sole 156 pagine ci sia un universo così denso e manco lontanamente concepibile a buona parte dell'umanità non oso immaginare cosa possa essere la Trilogia o Solenoide, opere che a questo punto mi affascinano se possibile ancora di più e al contempo mi spaventano più di prima. E comuque si, hai ragione da vendere nel chiederti come possa una mente sopraffina come quella di Mircea confrontarsi ogni giorno con la mediocrità delle persone comuni, se non avessi visto coi miei occhi le sue foto sui social con famigliola felice a seguito averei giurato che fosse un eremita o un morto suicida giovane xD.
RispondiEliminaCaro Dries, hai fatto bene a cominciare da Travesti, è un buon punto di partenza per accedere al mondo di Cartarescu, ma, sappilo, in confronto ai suoi altri due poderosi romanzi questo è davvero una piccola appendice, giusto uno studio preparatorio per quello che verrà. Se già Travesti ti ha toccato così tanto prepara il tuo cervello ad una completa detonazione quando inizierai L'ala sinistra e via di seguito gli altri volumi fino a Solenoide. Penso che ora tu sia pronto per fare questo passo e sarai molto felice, una volta fatto, di non poter tornare più indietro.
RispondiEliminaVabbè, evitando questi toni un po' finto-epici, ritengo che il percorso che questo scrittore ti fa compiere arriva ad uno dei noccioli della questione fruitore-opera d'arte, ovvero che si giunge alla fine diversi da come si era partiti, sicuramente io da quando ho conosciuto Cart vedo e leggo la letteratura in modo diverso, mi ha fatto alzare l'asticella e soprattutto mi ha dato conferma del potere delle parole. Solo quando a circa 23/24 anni lessi David Foster Wallace provai questa sensazione di trovarmi di fronte a qualcosa di infinitamente più grande. Vediamo chi sarà (se ci sarà) il prossimo scrittore capace di emozionarmi così tanto.
Per la cronaca di C. ho letto tutto ciò che è stato tradotto in italiano ad esclusione de "Il poema dell'acquaio". Mi sentirei di consigliarti la raccolta di racconti "Nostalgia" (e ce n'è uno lì dentro strepitoso di cui adesso non ricordo il titolo), mentre Il Levante mi sa che perde molto nella parte poetica, ci sono però delle finestre di prosa che infiocchettano il tutto metaletterariamente che non sono male. Invece Perché amiamo le donne l'avevo trovato molto scialbo, quasi impersonale.
Tra non molto dovrebbe uscire un'altra raccolta di racconti edita da La nave di Teseo. Evviva!
La cosa che più mi ha ammaliato di Travesti non è tanto la trama in se ( se poi di trama si possa realmente parlare) malgrado il colpo di scena finale sia devastante, ma proprio la descrizione così densa e accurata degli incubi di victor, si respira un malessere tangibile che in nessun altro libro mi era mai capitato di scorgere, quasi fosse una sorta di confessione dell'autore,una sorta di catarsi ma reputo quasi impossibile che travesti possa essere in qualche modo autobiografico e proprio per questo mi chiedo come sia possibile che Mircea sia entrato così a fondo e in modo così naturale nei profondi turbamenti esistenziali di Victor. Si potrebbe banalmente dire che è proprio questa la dote dei grandi artisti, riuscire a mettere su carta cose che non hanno vissuto in prima persona eppure è come se oltre a questa ovvietà ci fosse qualcosa di altro che ancora non riesco ad assimilare.
RispondiEliminaTutta la parte dell'inglobamento col 'sole purpureo' è qualcosa di sovrumano anche solo da pensare e per sovrumano non intendo mostruoso bensì che letteralmente trascende le normali capacità di pensiero umane, ed è questo che mi eleva Cartarescu a ben più di ottimo scrittore, è come se avesse raggiunto una sorta di Nirvana, di verità altra a cui noi non saremo mai in grado di arrivare.
Detto questo, si , Nostalgia era un altro di quelli che avevo adocchiato mentre levante e quell'altro non mi ispirano granchè. Non so quando mi lancerò nella scalata della trilogia, Cartarescu è un autore che necessita dei giusti tempi, ora come ora trovo difficile immergermi in un altra lettura qualsiasi proprio perchè ho ancora in mente le immagini di Victor davanti allo specchio che prova a recidere con un bisturi la massa tumorale che potrebbe essere in realtà il vero nocciolo del suo essere ( una delle mie sequenze oniriche preferite tralaltro).
David Foster Wallace è un altro che prima o poi devo approcciare, ovviamente infinite jest attira da matti ma ho lo stesso blocco che ho difronte a un Solenoide anzi forse temo possa essere ancora più immenso e complesso, quindi probabilmente inizierò con ''Brevi interviste con uomini schifosi'.
p.s- ma ,secondo te, nel finale di travesti ( se non è passato troppo tempo dalla lettura e quindi se te ne ricordi )Victor oltre al trauma rimosso dell'operazione chirurgica che gli conferisce un solo sesso, ha pure subito un qualche tipo di abuso sessuale ? Perchè le ultime pagine sono parecchio allusorie ma non danno la certezza di nulla da questo punto di vista. Penso che il terzo ragazzo 'anonimo' nella stanza del subconscio sia per l'appunto Dan il pazzo, il suo vicino di casa che probabilmente ha abusato di lui ( altrimenti non avrebbe senso nominarlo e soprattutto definirlo 'il carnefice' )
Pensa che (un) Victor ritornerà anche nella Trilogia e avrà un ruolo fondamentale poiché tutta la narrazione sarà rivolta verso di lui, al doppio di Mircea. Comparirà anche in uno stralcio di Solenoide, ed è piacevole percepire questa continuità tra un libro e l'altro. Sul discorso "autobiografia" le cose sono alquanto complesse secondo me, negli scritti di Cartarescu c'è indubbiamente un fortissimo substrato personale (Bucarest, la famiglia, la scuola, Ceaucescu, ecc), lo capirai sia per Abbacinante che per Solenoide, cioè si intuisce che lui ci ha messo dentro cose e situazioni che lo hanno toccato da vicino, in particolare durante l'infanzia. Ma, nel mio piccolo, credo che questa sia una prassi che coinvolge un po' tutti gli scrittori, anche quelli bravi, se non immensi come nel caso sotto esame. Penso sia molto più difficile scrivere di qualcosa che non si conosce piuttosto che di qualcosa che invece è più famigliare. La differenza fondamentale sta nel rielaborare questo vissuto personale, nel plasmarlo, modificarlo, trasfigurarlo, e qui Cart è indubbiamente un fuoriclasse.
RispondiEliminaCapitolo Wallace: io ti consiglierei di partire da La scopa del sistema (il sui primo romanzo) o da Oblio, una raccolta di racconti molto valida. Brevi interviste è un po' più un esercizio di stile, all'epoca mi era piaciuto ma non entusiasmato. Poi si può passare a Infinite Jest che è una roba letteralmente colossale e infine a Il re pallido, il suo libro incompiuto. Certo parliamo di due scrittori diversi, Cartarescu ti prende la pancia, DFW più la testa, è quasi paranoico nella scrittura, arrivi ad essere infastidito dopo pagine e pagine di inutili digressioni, però se allarghi lo sguardo e riesci ad assumere una posizione neutrale non puoi fare a meno di pensare di quanto sia stato uno scrittore incredibile. Infinite Jest è un cosa fuori dal mondo, è come avere tutto Internet, con la sua ipertestualità, stampato su carta. Fa paura.
Sul finale di Travesti purtroppo non posso aiutarti, l'avrò letto nel 2016 o 2017 e non ricordo più molto bene la storia in sé. Conservo comunque una vaga memoria di un testo con una discreta componente sessuale e questo è un tema che non tornerà poi troppo nei lavori successivi, a parte forse un pochino in Solenoide ma non in modo centrale.
Bhe diciamo che in travesti la componente sessuale c è ma secondo me emerge in tutta la sua potenza solo nel finale, per tutto il libro mi continuavo a chiedere cosa centrasse l ermafroditismo dal momento che il racconto era fortemente improntato su un discorso di totale solitudine e alienazione dai rapporti umani che poteva collegarsi ad un infinità di problematiche esistenziali... Per questo il finale è stato folgorante, perché ha rimesso tutto nuovamente in discussione e ha ampliato esponenzialmente la portata di tutto quanto avevo letto. Penso che se fra 10 anni mi chiedessero di questo libro lo ricorderei ancora nei particolari per quanto mi ha folgorato e per quante ore ho passato a rileggere singoli passaggi di poche righe. Su DFW seguirò il tuo consiglio, poi recupererò Volodine e qualche altra lettura 'più semplice' (a tal proposito ho già recuperato Un amore di buzzati e penso sarà la mia prossima lettura imminente) e poi mi lancero' sull ala sinistra che a questo punto vedo un po' come il santo gral *_* Dries
RispondiEliminaNon vorrei crearti troppe aspettative però davvero preparati perché con Abbacinante tutto quello che hai vissuto con Travesti sarà 100 volte più potente. Ti aspetto qua, al varco :).
RispondiEliminaAnche Volodine vale assolutamente il recupero, ho giusto finito qualche giorno fa il suo ultimo libro, Streghe fraterne, e ne ho scritto un commentino perché secondo me vale la pena confrontarsi con questo autore.
Ma è difficile da spiegare, paradossalmente non reputo travesti il miglior libro letto quest anno (che al momento resta La città dei vivi di Lagioia, quello m ha scosso completamente in svariati modi ma è tutt altro genere di cosa) però dopo averlo finito son stato travolto dalla consapevolezza che niente di quanto letto ad oggi gli si avvicina manco minimamente a livello di prosa e contenuti, è come un viaggio lucido sotto acidi, come un incubo che ricordi perfettamente al risveglio e al quale continui a pensare.... Non ho il minimo dubbio che Abbacinante gli sia di gran lunga superiore (anche se l hype vero ce l ho più x solenoide) ed è proprio x quello che temo di affrontare quell opera perché temo che una volta fatto quel salto il resto delle cose che potrei leggere dovrà inesorabilmente confrontarsi con Mircea e non potrà vincere... Dries
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