lunedì 27 marzo 2023

Jesus Shows You the Way to the Highway

Che film è Jesus Shows You the Way to the Highway (2019)? È un film al 100% coerente con il percorso artistico intrapreso da Miguel Llansó, sia Crumbs (2015) che il corto Chigger Ale (2013) delineano insieme alla sua ultima fatica un insieme di tratti distintivi per cui si potrebbe parlare di autorialità sebbene il cinema proposto dal regista spagnolo sia in teoria molto lontano dal rigore e dalla raffinatezza che solitamente si attribuisce a questa etichetta. Siamo infatti in territori decisamente low-budget, sorta di grindhouse 2 o 3.0, oggetti rustici ma autoironici e soprattutto dotati di una grande consapevolezza, quella di sapere di essere così, non belli ma comunque belli, calderoni che rimestano gli ingredienti di una contemporaneità che non smette mai di essere attuale. Anche in Jesus Shows... c’è la genesi di un eroe (sempre impersonato dal cifotico Daniel Tadesse) ma qui si spinge meno sulla sua capacità di influenzare gli eventi visto che lui ne è inesorabilmente una vittima, il che lo mostra ai nostri occhi oltre che simpatico anche più umano in un mondo pazzoide dove non si capisce chi o che cosa sia l’umanità, ma a proposito del mondo inscenato da Llansó: è evidente, a ’sto punto, la seduzione che subisce da scenari para-distopici, il set per lui è un luogo dove riversare le proprie manie fantascientifiche e così abbiamo un’Estonia che sembra l’America, ma l’America di un domani pensato cinquant’anni fa. L’aria nostalgica, retrofuturistica, sgangherata e anarchica ben si sposa con la traccia da guerra fredda che funge da scheletro alla storia, la contrapposizione tra la CIA e un diabolico Stalin (ma con scarpa Nike!) è un po’ l’ancoraggio a cui aggrapparsi perché divide apparentemente i buoni dai cattivi, è però un’illusione visto che ci vuole un attimo ad essere trascinati via dall’impetuoso e inessenziale fluire filmico.

Rispetto a Crumbs viene meno la desacralizzazione degli idoli odierni, sì abbiamo un Batman africano, Batfro (eh eh), però è parso al sottoscritto che la smitizzazione sia stata maggiormente compiuta in relazione ai possibili generi cinematografici che la pellicola, bellamente, percula. Il grosso lo si muove verso l’area delle spy-story che per Llansó si tramuta in uno spassoso teatrino di fantocci in stop-motion o in soluzioni geniali tipo il lancio col paracadute alla James Bond, non di meno anche un classico della sci-fi come i viaggi in universi paralleli si becca una bella disarticolazione che rende il tutto parecchio confuso ma altrettanto divertente. Parliamo di una realtà virtuale da Commodore 64 o al massimo da picchiaduro in 2D, eppure la narrazione arriva ad amabili contorsioni che suggeriscono, per me, di accantonare la razionalità per godersi le trovate che Llansó sciorina minuto dopo minuto. La progressione si fa concitata con la detenzione dell’agente Gagano in Betta Etiopia (non chiedetemi il senso di quel “Betta”...), la matassa che gira intorno al super sistema Psychobook si aggroviglia in un intrigo dove il doppio gioco è di casa (il collega Palmer, alla fine, da che parte sta?) e dove Llansó si scatena buttando nella mischia personaggi improbabili e perciò alquanto spassosi (il trio karateka; Mr. Sophistication [è mica un omaggio a von Trier?]; due mosconi antropomorfi), una via di fuga, dopo il dispiegarsi dell’ambaradan, viene trovata in una figura cristologica (è il fratello Guillermo Llansó, già visto in Perro Líquen, 2012), le modalità con cui si introduce Roy Mascarone/Gesù Cristo sono un filo approssimative ma non andrei a spaccare il capello, il twist narrativo (ovvero: quello che stiamo vivendo è falso, siamo in Massachusetts e tra poco ci sveglieremo dall’esperimento) è fin troppo banale in un clima generale che di banale non ha proprio nulla, in altri contesti lo avrei additato, qui l’ho accolto quasi con piacere.

Piccola nota: nella versione da me visionata di Jesus Shows You the Way to the Highway i dialoghi sono stati doppiati in inglese nonostante mi sia parso dal labiale che praticamente tutti gli attori recitassero in tale lingua. È un’esigenza commerciale per il pubblico anglofilo oppure rientra nella ricercata aura vintage del film visto che un tempo venivano presi accorgimenti simili? Se qualcuno sa, dica.

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