Rispetto a Crumbs viene meno la desacralizzazione degli idoli odierni, sì abbiamo un Batman africano, Batfro (eh eh), però è parso al sottoscritto che la smitizzazione sia stata maggiormente compiuta in relazione ai possibili generi cinematografici che la pellicola, bellamente, percula. Il grosso lo si muove verso l’area delle spy-story che per Llansó si tramuta in uno spassoso teatrino di fantocci in stop-motion o in soluzioni geniali tipo il lancio col paracadute alla James Bond, non di meno anche un classico della sci-fi come i viaggi in universi paralleli si becca una bella disarticolazione che rende il tutto parecchio confuso ma altrettanto divertente. Parliamo di una realtà virtuale da Commodore 64 o al massimo da picchiaduro in 2D, eppure la narrazione arriva ad amabili contorsioni che suggeriscono, per me, di accantonare la razionalità per godersi le trovate che Llansó sciorina minuto dopo minuto. La progressione si fa concitata con la detenzione dell’agente Gagano in Betta Etiopia (non chiedetemi il senso di quel “Betta”...), la matassa che gira intorno al super sistema Psychobook si aggroviglia in un intrigo dove il doppio gioco è di casa (il collega Palmer, alla fine, da che parte sta?) e dove Llansó si scatena buttando nella mischia personaggi improbabili e perciò alquanto spassosi (il trio karateka; Mr. Sophistication [è mica un omaggio a von Trier?]; due mosconi antropomorfi), una via di fuga, dopo il dispiegarsi dell’ambaradan, viene trovata in una figura cristologica (è il fratello Guillermo Llansó, già visto in Perro Líquen, 2012), le modalità con cui si introduce Roy Mascarone/Gesù Cristo sono un filo approssimative ma non andrei a spaccare il capello, il twist narrativo (ovvero: quello che stiamo vivendo è falso, siamo in Massachusetts e tra poco ci sveglieremo dall’esperimento) è fin troppo banale in un clima generale che di banale non ha proprio nulla, in altri contesti lo avrei additato, qui l’ho accolto quasi con piacere.
Piccola nota: nella versione da me visionata di Jesus Shows You the Way to the Highway i dialoghi sono stati doppiati in inglese nonostante mi sia parso dal labiale che praticamente tutti gli attori recitassero in tale lingua. È un’esigenza commerciale per il pubblico anglofilo oppure rientra nella ricercata aura vintage del film visto che un tempo venivano presi accorgimenti simili? Se qualcuno sa, dica.
Nessun commento:
Posta un commento