domenica 12 marzo 2023

In the Traveler’s Heart

Più che di un viaggiatore il cuore nel quale sostiamo per milleduecento secondi potrebbe appartenere ad un esploratore. Il condizionale è obbligatorio, dobbiamo cercare di domare un altro esemplare partorito dalla scoppiettante mente del duo Gustavo Jahn - Melissa Dullius e quindi niente, ma davvero niente, è certo. In the Traveler’s Heart (2013), commissionato dal Contemporary Art Centre di Vilnius, offre un possibile appiglio nei primi minuti dove la mdp, con l’obiettivo puntato sul mare, in prossimità della battigia alza la traiettoria visiva per riprendere una figura in piedi sulla collina, subito dopo la scena si ripete identica ma la figura umana è sparita. I registi battono parecchio sulla coesistenza di due (definiamoli) esploratori (anche se il loro outfit li pone a metà strada tra l’essere un cowboy e un templare), interpretati dagli autori stessi, che si sfiorano lungo un cammino desolato, spoglio, fatto di neve e alberi. L’idea che seduce, ma che va presa giusto come un’ipotesi, è che in realtà i due siano la medesima persona scissa per motivazioni che non è dato sapere, prova ne sarebbe la stella che portano sul petto, una nera e l’altra bianca a mo’ di yin e yang, e nel momento in cui si ricongiungono un evento accade: nasce un fiore, si pianta una bandiera. Il viaggiatore ha raggiunto la meta.

Paragonando In the Traveler’s Heart con le altre due opere della coppia brasiliana, ovvero Cat Effekt (2011) e Muito Romântico (2016), manca quel discorso concettuale intorno alla settima arte, la ragione principe sarà probabilmente dovuta al minor minutaggio, ma non solo a mio avviso: ok che l’impronta estetica è molto simile ai lungometraggi appena citati (e giù di pellicola scorticata, decolorata, retrò), però l’attenzione che Jahn e Dullius pongono pare volgersi verso il loro riflesso artistico, il film lo si vive più come una perfomance di Gustavo e Melissa che una manifestazione (autoriale, sperimentale o non so neanche io cosa) di cinema. È sterile onanismo? È altezzosità bohémien? Uff, discorso che mi coglie impreparato e che mi piacerebbe, se i blog fossero ancora uno spazio di confronto e non un monologo disperso nelle pieghe della Rete, venisse approfondito perché la ricerca, in ogni disciplina, è tutto, bisognerebbe solo tentare di capire dove sta, e se esiste, un confine tra studio e arroganza, dal canto mio dico che comunque, seppur circondato dall’astrattezza totale, il senso di smarrimento, di turbamento, di vuoto della donna l’ho sentito.

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