Per molti
motivi troviamo continuità: il più evidente è relativo al
campo in cui Marcello pone il proprio sguardo che è, come ben
sapete, quello del reale, da qui il regista casertano ha sempre
lavorato per sviluppare tutte le possibilità latenti contenute in
ciò che ci circonda, ed anche Bella e perduta (2015) non
sfugge alla regola, si legga la storia che gli sta dietro, della
morte improvvisa di Tommaso Cestrone e della susseguente
ricalibratura del comparto narrativo che sì, si basa sulla realtà,
ma che attraverso il filtro cinematografico si trasforma in una
fiaba, a rimorchio balza poi l’attenzione rivolta verso figure
marginali, dai volti ruvidi, povere e spiantate, è proprio una
costante che parte da Il passaggio della linea (2007), prosegue
ne La bocca del lupo (2009)
per giungere a Il silenzio di Pelešjan
(2011) e ovviamente nell’opera presentata a Locarno ’15
dove oltre al pronosticabile ventaglio di persone umili e in fondo
alla scala sociale, anche la maschera di Pulcinella ci viene proposta
in una sfaccettatura più cupa, malinconica, e, come si vedrà
concretamente nella proiezione, più umana. Ma in seconda istanza troviamo un
elemento di forte interruzione: sembra che Marcello questa volta
abbia spinto in maggiore misura il pedale dell’intensificazione,
anche nella pellicola del 2009 ambientata a Genova c’era un inserto
narrativo di spessore, però con Bella e perduta il
carico è di gran lunga superiore tanto da poter parlare di “storia”,
di “attori” (c’è il cammeo di Claudio Casadio [L’uomo che verrà, 2009]; la voce di Sarchiapone è di Elio Germano), di
“musiche” (Donizetti), diciamo che a ’sto giro quel famigerato
crinale che divide il realismo dalla fiction su cui non pochi
registi nostrani camminano da tempo ha visto Marcello affacciarsi con
una certa insistenza sul versante della finzione, e non solo!, perché
la parentesi iniziale con i molteplici Pulcinella sfocia
nell’astrazione, uno spostamento teorico davvero inaspettato.
Dando a Marcello anche meriti tecnici perché il taglio estetico
(angolazioni, traiettorie, piani) indorato da una pellicola
piacevolmente granulosa ha trovato ampi consensi nel sottoscritto, devo dire che il
titolo in esame ha, sempre per il sentire del sottoscritto (eh, io
sono, e me vi tocca leggere), degli squilibri interni troppo forti
per poter parlare di pieno apprezzamento, discrepanze che derivano in
sostanza dalla scelta di abbandonare l’asciuttezza del doc spurio
per lanciarsi in territori di corposo racconto, ma non uno soltanto, molteplici!,
svariati fili si sovrappongono tirando nella mischia temi che non
trovano un effettivo impasto, vi è un’eccedenza argomentativa che
non rientra nel canone del reale, in sequenza abbiamo una quasi
agiografia del signor Tommaso, sottotesti e denunce
politico-contemporanee con nell’ordine: l’incuria dei monumenti
pubblici (la battuta di Casadio sullo Stato è una forzatura che non
ci stava) e l’ombra della camorra e della Terra dei fuochi
(insertati nel girato per mezzo di filmati d’archivio), una
corrente lirica del bufalo con annesso disgusto
(condivisibile, per carità) verso il genere umano che ho avvertito non così in
linea al contesto, e infine un contenitore
favolistico dotato di morale (senza la maschera ti riappropri
del corporeo, ma non potrai più sognare). Tante, tante cose che non
hanno un incastro adeguato, forse, anzi da ignorante mi sento di dire
che è così, il cambiamento in itinere dei piani sceneggiaturiali ha
obbligato Marcello e Braucci (penna di Garrone) a sterzare verso lidi
non completamente preventivati, oppure: non so, pur ammirandone
alcune luci (finanche intense, e concentrate nell’area visiva) ho
visto e sono sicuro che vedrò ancora film nettamente superiori a
questo.
Piccola
polemica a margine: in una intervista su Ondacinema (link) Marcello
afferma che il budget impiegato per la realizzazione di Bella
e perduta è stato di
quattrocentocinquantamila euro, non so voi ma a me sembra una marea
di soldi! Se c’è una cosa che vorrei capire è come funzionano
finanziamenti del genere, in particolari in un oggetto filmico di tal
fatta dove non ci sono cachet stellari né, presumo, troupe oceaniche
stile Hollywood. Bah.
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