Cinema che arriva: da
lontano, molto, probabilmente dall’Angola, terra di conquista
Portoghese dove Graça Castanheira nacque ma non visse, almeno non a
lungo visto che già nel 1989 si laureava alla scuola di cinema di
Lisbona dove tutt’ora dovrebbe svolgere attività di docenza. E
quindi il vento del tempo, dello spazio, della cultura (la stella
polare è Walden ovvero Vita nei boschi di Henry David
Thoreau) si incanalano dentro Angst (2010), un documentario
che non sta fra i suoi ranghi, esce, si dà alla contemplazione per
poi ritornare subitaneamente nell’illustrazione, oggetto strambo
che la Castanheira poggia su una base certa, forse: la traccia
ecoambientalista è un’eco che torna e ritorna a partire
dall’indispensabilità per l’uomo moderno del petrolio, la
materia prima che sostanzia pressoché ogni oggetto della
quotidianità. Il pericolo di alcune proposte filmiche tendenti al
green pride è quello di risultare oltranziste e soprattutto
noiosamente didattiche, Angst elude suddette inclinazioni
poiché elude continuamente la sua stessa natura, e nello sguardo
ramingo, che viaggia attraverso il Portogallo, l’America e
l’Italia, le lenti per analizzare le varie situazioni attingono da
diverse discipline trovando una felice comparazione con il Progetto
Seti, un luogo dove l’attività principale è definibile come
“archeologia del futuro”, grondaia, al pari di Angst, che
cerca di congiungere l’umano con una possibile alterità.
Perché c’è una
ricerca antropologica qui dentro, probabilmente celata sotto un
approccio ecologico, ma che col procedere del film emerge
inevitabilmente. La regista pone l’uomo di fronte a quello
sconfinato utero che è la natura: non è una gara, non è nemmeno un
bignami sugli orrori che nei secoli abbiamo perpetrato, è al massimo
un tentativo di restituire l’inestricabile complessità del Totale,
e non c’è niente come il Cinema, nell’essenza dura e abbagliante
del suono e dell’immagine, a poter almeno provare a tematizzare un
argomento di così sconfinata grandezza, e la Castanheira,
consapevole dell’alta impresa, non dimentica di porre comunque un
eventuale Fine (tutta umana), la sua lapide è già pronta, i corpi
mummificati nel convento dei Cappuccini di Palermo dormono beati
mentre le sonde Voyager ad ogni secondo che passa si allontanano
sempre di più dalla Terra, un giorno, quando non ci sarà più
traccia dell’homo sapiens sul pianeta, quei due manufatti già ora
esteticamente antiquati saranno l’ultima testimonianza di noi
stessi dispersa nel buio intergalattico.
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