In tutta la città iniziò
a diffondersi il segnale acustico di quando per sbaglio si compone il
numero di un fax invece che un numero telefonico. La frequenza, la
rapida pulsazione di suoni tondi, l’ondulazione immaginaria e
continua. Le mamme, lasciati i padri imbozzolati nelle crisalidi
sulla parte destra del letto, si affacciarono alle finestre per
salmodiare la loro resistenza pizzicando le corde da stendere, unite,
insieme, da ogni palazzo, il canto saliva verso il cielo
elettrificato. A migliaia di chilometri di distanza i figli
incantenati nelle miniere avvertivano il vocio materno mentre enormi
topi dagli occhi rubini li spiavano nell’ombra sgranocchiando
succose melagrane. Piccone/pala/secchio/piccone/pala/secchio. Tutto
il giorno, tutti i giorni. Le madri più anziane convocarono una
riunione clandestina, l’eco del fax era il segnale che aspettavano
da decenni, il gatto millenario si era risvegliato e tra poco
avrebbero potuto riabbracciare quei figli divenuti uomini in un altro ventre, quello della montagna. Piano piano le dame intonarono l’ultimo canto e
un’onda melodiosa iniziò ad espandersi oltre i confini urbani, i
campi e le colline. Degli spaghi bianchi aravano il suolo, sottili ma
incontenibili: erano le vibrisse del sommo felino dirette verso la
cava. I baffi del gatto penetrano nella profondità oscura della
terra e come un filo di Arianna guidarono i minatori alla luce
lasciando i ratti tenebrosi in un’umida solitudine. Il contingente
di figli, sporchi e quasi ciechi, fu accolto al rientro da una
gigantesca corona di farfalle-uomo, finalmente i papà si erano
liberati della fibrosa prigione e potevano volteggiare nell’aria
azzurra.
Grand Tour - Miguel Gomes
3 ore fa
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