Strutturalmente invece il regista opta per un rimpallo temporale che mischia un po’ le carte in tavola e la percezione che si ha della vicenda. A metà film scatta infatti un lungo flashback il cui termine è forse portato avanti fino alla fine della pellicola (il che starebbe a significare che la vera fine sia all’incirca quando Mário quantifica i giorni senza Alice) e che chiarisce alcuni aspetti fin lì non granché immediati, si potrebbe discutere se la scelta sia azzeccata o meno (si sa, a volte dire troppo è dire niente), fatto è che ad esempio veniamo a sapere del perché il papà sia così fissato con le videocamere (non male la scena di fronte alla parete di televisori). Il salto cronologico all’indietro non riserva tuttavia particolari sorprese, il mood disposto da Martins è una costante dal principio alla conclusione, l’abusata espressione “senza picchi né pecche” che viene in soccorso del recensore a corto di idee calza perfettamente ad Alice, se siete interessati ad un titolo che non eccede in banalità ma che nemmeno vi farà battere il cuore allora siete nel posto giusto.
martedì 17 agosto 2021
Alice
Già al
primo lungometraggio Marco Martins si rivela autore oltremodo
austero, Alice (2005) pur imbevendosi di pura tragedia (la
storia è questa: Alice, quattro anni, svanisce nel nulla e i
genitori non possono che essere disperati) non esacerba mai i toni né
cerca di esibire l’immane dolore che colma le anime di Mário e
Luísa. Il flusso filmico, ovvero la fusione della componente
narrativa con quella estetica, arriva come un monolite grigiastro
simile alla Lisbona carpita, una città fredda e insensibile alla
scomparsa. Non so se due indizi fanno una prova ma ripensando anche
all’opera successiva How to Draw a Perfect Circle
(2009), altro dramma dal carico pesante e dalle intenzioni parecchio
ardite, si nota che Martins è a suo agio nell’urbanità slavata
della metropoli e che tale sbiaditura non è altro che il riflesso di
ciò che racconta. Appunto, il racconto: l’attenzione è riposta
sul padre e sul metodo (leggi: illusione) escogitato per provare a
rintracciare Alice, una specie di Grande Fratello lisbonese che si
unisce al rituale quotidiano di ripercorrere passo passo l’itinerario
effettuato nel giorno della sparizione. In generale tutta ’sta
faccenda dall’iterativa concretezza è godibile, ma se Martins
aveva il proposito di spingere il pedale sul tema dell’ossessione
allora mi è parso essersi fermato ad una distanza di sicurezza, non
si è preso il rischio di salire d’intensità.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento