In molte recensioni si accusa l’opera di perdere mordente con la mutazione della bambina in bambino. Per lo scrivente è il contrario, alla Wollner, e alla pellicola in sé, risulta indispensabile l’esistenza della porzione con l’anziana donna perché è qui che si esplicitano, in modo personale finanche respingente, i meccanismi argomentativi che stanno a cuore al film. Sì, la suddetta frazione è nettamente più lineare e ci spiega come poterci orientare in questo mondo distopico che come da tradizione ha delle forti basi realistiche. Il robot antropomorfo è il mezzo che l’essere umano sullo schermo utilizza per raggiungere i propri fini, si tratta della necessità di creare una relazione di dipendenza con un soggetto completamente asservito al suo padrone, un po’ come accade con gli animali domestici (sarà un caso che in una abitazione è presente un gatto e nell’altra un cane?), le ragioni di un bisogno del genere hanno natura diversa, per l’uomo è qualcosa di marcio e malsano, per la vecchia sorella – se ho ben inteso – un antico senso di colpa, ma a prescindere dalle motivazioni, la figura del robot serve ad esorcizzare dei fantasmi che infestano l’animo dei co-protagonisti, e ciò Die Last geboren zu sein lo suggerisce con sufficiente efficacia al pari delle risoluzioni che non sono positive ma anzi ricorsive perché pare che vi sia una ripetizione ineluttabile di circostanze che (ri)portano ad una separazione. Ed Elli/Emil? A ragione è stato evidenziato che l’automa è un manichino di circuiti privo di emozioni (la dimostrazione avviene nel parcheggio del supermercato, in un film diverso lì ci sarebbe stato qualche cortocircuito mnemonico), però mi sono piaciute le modalità con cui la Wollner riesce a camminare sul filo dell’ambiguità facendoci credere che il soffio vitale del replicante abbia un’organicità fatta di memorie e sentimenti, idea che, alla fine, non mi sento di negare del tutto.
Il macro-tema di The Trouble with Being Born, ossia il principio di sostituzione fisica e di conseguenza anche emotiva, di un caro scomparso non è nuovo nella settima arte contemporanea, faccio i titoli di Noriko’s Dinner Table (2005), Alps (2011) e mettiamoci pure Family Romance, LLC (2019) da portare ad esempio, approcci diversi con non dissimile obiettivo, esacerbare la condizione di un’umanità sola, per nulla resiliente e incapace di metabolizzare un lutto, per il sottoscritto la meta finale di Sandra Wollner si situa sulla stessa lunghezza d’onda, ed è una meta raggiunta per merito di un metodo lodevole che ravviva un cinema altrimenti impigrito dalla troppa scrittura. Una visione che merita attenzione da non bollare con supponente faciloneria, scontato specificare che ora si va in cerca di The Impossible Picture (2016).
Danke Dries!
Se vuoi posso procurarti pure the impossible picture, incuriosisce molto anche me ma purtroppo l'ho trovato soltanto senza sub di nessun tipo quindi non l'ho ancora visto :(
RispondiEliminaDevo controllare sul mio fisso, ma penso proprio di essere nella tua stessa situazione. E vabbè, sono sicuro che prima o poi spunteranno
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