venerdì 16 aprile 2021

Hardkor Disko

Marcin ha un piano. E noi non lo sappiamo.

I limiti di un film narrativo si localizzano, per l’appunto, nella narrazione. Bum. L’illuminazione proprio. Hardkor Disko (2014) ne è un esempio efficace: ricalcando l’impalcatura di un revenge-movie il regista polacco Krzysztof Skonieczny (attore in Psubrat, 2013) scrive insieme al connazionale Robert Bolesto un dramma al fulmicotone omettendo volutamente dei tasselli necessari alla comprensione, ciò sarebbe un bene (e quindi sì, in un certo qual modo poteva andarci peggio) se non fosse che comunque il racconto qui (rap)presentato è ancora troppo dipendente dai meccanismi sceneggiaturiali. Vista l’impronta realista (solita mdp-stalker, fotografia piuttosto “al naturale”), si fa fatica, ad esempio, nell’assistere all’accettazione immediata di Marcin nel contesto famigliare oppure alla non preoccupazione della madre in seguito alla scomparsa del padre. Pur non negando una caratterizzazione dei ruoli adibita a tratteggiare un’umanità cinica e menefreghista (in Polonia è una mania ultimamente: All These Sleepless Nights, 2016), la semplice combinazione degli accadimenti sortisce effetti contro-realistici, non si crede alla possibilità, allo sviluppo, alle conclusioni, qualunque esse siano, Hardkor Disko è soltanto questo: un film.

Certo Skonieczny è smaliziato a dovere e semina indizi che non troveranno poi effettivo scioglimento. In siffatta ottica non è nemmeno sicuro che le azioni omicide del giovane si generino da un sentimento di vendetta, vi sono dei suggerimenti, delle larghe interpretazioni o al massimo delle discutibili intuizioni, ma la verità è che lo spettatore rimane all’oscuro del disegno che sta dietro alla dannazione di Marcin. Per tali motivi dicevo poco sopra che le cose potevano anche andare peggio, guardando il bicchiere mezzo pieno l’assenza di una pedante letteralità permette all’opera una vita abbastanza indolore “guadagnandosi” nient’altro che la nostra indifferenza (sempre meglio dell’irritazione). Nel concetto musivo del regista due tessere come gli inserti d’archivio (dovrebbero riguardare un’Ola bambina) e i rallentoni distaccati dal canale principale (la molotov e l’automobile sotto la neve) alimentano il senso di mistero (e di pertinente attesa) della faccenda, trattasi però di fumo negli occhi non troppo diverso dallo stratagemma che adombra il destino della mamma (alla fine viene uccisa o meno?), soluzioni lì per lì intriganti che tuttavia, ad un’analisi finale, non trovano sufficiente integrazione in un cinema che così offerto non potrà mai incontrare l’assenso dell’appassionato.

2 commenti:

  1. Cosa hai riesumato !!Questo l'avevo tradotto a scatola chiusa, poi era talmente una cazzata che mi son vergognato a pubblicarlo su asianworld xD

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  2. Sono anni che mi chiedo perché io vada a ripescare oggetti che meriterebbero l'oblio e non ho mai trovato una risposta...

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