giovedì 28 novembre 2019

Distants

Siamo in un’Estonia in bianco e nero dove due pescatori, padre e figlio, si preparano per una battuta di pesca, ma durante la cena il dialogo, fino a quel momento latitante, si surriscalda, ecco un indizio che un al tempo ventisettenne Janno Jürgens ci dice: tra di loro il sangue in comune non scorre come dovrebbe, e, sempre come non dovrebbe, l’impianto che ci propone questa diatriba famigliare è troppo modesto per poter far scattare quella scintilla visiva di cui abbiamo sempre bisogno, si intuisce, poi, che la riottosità del vecchio e l’annessa ostilità del giovane sono elementi funzionali alla storia e che quindi è altamente probabile un rovesciamento di tali assunti, e pur non essendo dei veggenti è proprio quanto avviene, ma vabbè, coraggio e sfilettiamo quella poca carne che il segmento centrale di Distants (2012) offre. Poi improvvisamente il corto cambia pelle! Lo sgomento è di breve durata però: in mare aperto (o lago, non si capisce) Jürgens tenta la strada dell’atmosfera andandoci giù pesante con la fog machine e con virate decise della mdp a mo’ di uccello che volteggia intorno alla barca, di contorno viene intensificato anche l’apparato sonoro con distorsioni metalliche di vario genere, probabilmente il regista aveva intenzione di edificare una cupola tensiogena sul duo marinaro e in effetti non gli si può negare il tentativo, il risultato tuttavia è un po’ così, un po’... visto e stravisto, e non si ha nemmeno la voglia di infierire troppo di fronte alle circonvoluzioni volanti che urlano “ehi qui c’è qualcosa incombe!” o al succo dell’opera che, come pronosticato, ribalta il rapporto prole-genitore, no, e infatti divago un attimo prima di fare la cosa che più mi piace: svanire.

Niente, riflettevo a cosa possa pensare un regista wannabe tipo Janno Jürgens che magari ci mette tutta l’anima nel suo lavoro attraverso raccolta di fondi, investimenti su attrezzature, reclutamento personale e relativa cagnotta, e poi un bel giorno ritrova la propria opera su un blog o un sito qualunque in cui gli si dice che non ci siamo, che di robe così ne è pieno l’universo cinematografico, che, cinque minuti dopo la visione, Distants o chi per esso sarà dimenticato in un baleno, deve essere oltremodo frustrante, e se aggiungiamo che nel Web-tempo tutti possono essere critici, un progetto che mettiamo sia stato contemplato da anni viene disintegrato nel giro di alcune svogliate righe, le stesse del primo paragrafetto. Ora, Jürgens, a meno che non sappia o che non impari l’italiano, vivrà benissimo senza il mio giudizio e gli auguro di migliorarsi e di trovare altri festival che lo supportino (qui fu Locarno), tuttavia continuo a chiedermi quale sia il confine che una persona dedita alla cinescrittura deve tenere a mente: ha senso sparare a zero sul prodotto di un principiante? Vedendo le foto del backstage sulla pagina IMDb del film (link) verrebbe quasi da dire di no, che l’impegno e la dedizione mitigano anche una riuscita complessivamente biasimevole, però questo non è il cerchio dell’amicizia per cui rincaro: sì, ha senso scriverne male perché è l’unico modo che abbiamo per riscattare il tempo perduto durante la proiezione.

6 commenti:

  1. but you wannabe critic still write about it, so thank you for the compliments.

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  2. If you are the director how did you find this unknwon place?

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  3. What is more interesting, how did you find our short film? ;)

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  4. I don't remember very well but probably i was looking for some interesting short movie and in the section of a Festival (maybe Locarno) i found Distants, then i found it on Vimeo. This is the hard work of every cineblogger :)

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  5. ok. you are a good boy. all the luck with your blog and writing.

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