Siamo in
un’Estonia in bianco e nero dove due pescatori, padre e figlio, si
preparano per una battuta di pesca, ma durante la cena il dialogo,
fino a quel momento latitante, si surriscalda, ecco un indizio che un
al tempo ventisettenne Janno Jürgens ci dice: tra di loro il sangue
in comune non scorre come dovrebbe, e, sempre come non dovrebbe,
l’impianto che ci propone questa diatriba famigliare è troppo
modesto per poter far scattare quella scintilla visiva di cui abbiamo
sempre bisogno, si intuisce, poi, che la riottosità del vecchio e
l’annessa ostilità del giovane sono elementi funzionali alla
storia e che quindi è altamente probabile un rovesciamento di tali
assunti, e pur non essendo dei veggenti è proprio quanto avviene, ma
vabbè, coraggio e sfilettiamo quella poca carne che il segmento
centrale di Distants (2012) offre. Poi improvvisamente il
corto cambia pelle! Lo sgomento è di breve durata però: in mare
aperto (o lago, non si capisce) Jürgens tenta la strada
dell’atmosfera andandoci giù pesante con la fog machine e con
virate decise della mdp a mo’ di uccello che volteggia intorno alla
barca, di contorno viene intensificato anche l’apparato sonoro con
distorsioni metalliche di vario genere, probabilmente il regista
aveva intenzione di edificare una cupola tensiogena sul duo marinaro
e in effetti non gli si può negare il tentativo, il risultato
tuttavia è un po’ così, un po’... visto e stravisto, e non si
ha nemmeno la voglia di infierire troppo di fronte alle
circonvoluzioni volanti che urlano “ehi qui c’è qualcosa
incombe!” o al succo dell’opera che, come pronosticato, ribalta
il rapporto prole-genitore, no, e infatti divago un attimo prima di
fare la cosa che più mi piace: svanire.
Niente,
riflettevo a cosa possa pensare un regista wannabe tipo Janno Jürgens
che magari ci mette tutta l’anima nel suo lavoro attraverso
raccolta di fondi, investimenti su attrezzature, reclutamento
personale e relativa cagnotta, e poi un bel giorno ritrova la propria
opera su un blog o un sito qualunque in cui gli si dice che non ci
siamo, che di robe così ne è pieno l’universo cinematografico,
che, cinque minuti dopo la visione, Distants o
chi per esso sarà dimenticato in un baleno, deve essere oltremodo
frustrante, e se aggiungiamo che nel Web-tempo tutti possono essere
critici, un progetto che mettiamo sia stato contemplato da anni viene
disintegrato nel giro di alcune svogliate righe, le stesse del primo
paragrafetto. Ora, Jürgens, a meno che non sappia o che non impari
l’italiano, vivrà benissimo senza il mio giudizio e gli auguro di
migliorarsi e di trovare altri festival che lo supportino (qui fu
Locarno), tuttavia continuo a chiedermi quale sia il confine che una
persona dedita alla cinescrittura deve tenere a mente: ha senso
sparare a zero sul prodotto di un principiante? Vedendo le foto del
backstage sulla pagina IMDb del film (link) verrebbe quasi da dire di
no, che l’impegno e la dedizione mitigano anche una riuscita
complessivamente biasimevole, però questo non è il cerchio
dell’amicizia per cui rincaro: sì, ha senso scriverne male perché
è l’unico modo che abbiamo per riscattare il tempo perduto durante
la proiezione.
but you wannabe critic still write about it, so thank you for the compliments.
RispondiEliminaIf you are the director how did you find this unknwon place?
RispondiEliminaWhat is more interesting, how did you find our short film? ;)
RispondiEliminaI don't remember very well but probably i was looking for some interesting short movie and in the section of a Festival (maybe Locarno) i found Distants, then i found it on Vimeo. This is the hard work of every cineblogger :)
RispondiEliminaok. you are a good boy. all the luck with your blog and writing.
RispondiEliminaYou too for your next works!
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