Sì,
esattamente come accadrà in futuro per l’ottimo El Movimiento
(2015), anche Historia del Mal
(2011), nella sua contenuta dimensione, è una contaminazione di
registri, un piccolo collage di approcci alla settima arte. Il
substrato su cui Benjamín Naishtat si poggia è storico: nel 1879 il
generale Julio Argentino Roca conquista i territori centro
meridionali dell’Argentina (fino a quel momento in mano ai nativi
locali) lasciandosi dietro una scia di sangue e
sopraffazione. Il corto parte da una serie di filmati d’archivio
simili a dagherrotipi in movimento che riprendono alcuni soldati nel
bel mezzo del deserto, c’è però qualcosa di strano: dopo neanche
quattro minuti si stacca su un’odierna strada asfaltata percorsa da
moto e automobili, altro strappo ed il film muta in una sorta di
casting a persone che dovrebbero presumibilmente vestire i panni dei
combattenti al fianco del generale Roca in un’opera di finzione.
L’impatto dei soggetti che dialogano con Naishtat dietro la mdp ed
uno green screen
(montato alla buona...) sullo sfondo ricordano le procedure di quel
The King’s Body
(2012) firmato da João Pedro Rodrigues, infatti anche Historia
del Mal
pur basandosi su un fatto storico sguscia nel presente e nel
personale, ma non troppo a dire il vero: la “questione Roca”
rimane il principale topic argomentativo.
Poi, guardando meglio i volti degli intervistati, inizia ad
insinuarsi il dubbio che le immagini di repertorio non siano altro
che una ricostruzione compiuta da Naishtat perché, a meno di sviste
o clamorose somiglianze, sembrerebbe proprio che i protagonisti degli
antichi video siano gli stessi di quelli più recenti, ed anche se in
apertura si sottolinea che la restaurazione dei filmati è stata
effettuata con il patrocinio di un ente argentino, il dubbio, che
espande la cifra del film stesso, rimane. Dove invece le certezze
paiono più salde è sul senso globale del corto, un senso che prende
gli avvenimenti accaduti sul finire dell’800 in quanto particolare
che riflette qualcosa di universale, di continuo e persistente, se lo
si nota la m di “Mal” è maiuscola ad evidenziarne una
propensione trasversale e atemporale (cosa che accadrà in modo
simile anche in History of Fear, 2014), non a caso si cita un
luttuoso evento contemporaneo riguardante il possibile omicidio di un
bambino da parte della polizia, un’altra macchia, un altro vuoto
che dilaga, perché come dice il proprietario dell’azienda
metallurgica “è sempre la stessa storia, in Europa, in Asia o
altrove, c’è un vincitore ed un vinto, ed il vincitore è colui
che detta le regole.”
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