mercoledì 8 agosto 2018

Historia del Mal

Sì, esattamente come accadrà in futuro per l’ottimo El Movimiento (2015), anche Historia del Mal (2011), nella sua contenuta dimensione, è una contaminazione di registri, un piccolo collage di approcci alla settima arte. Il substrato su cui Benjamín Naishtat si poggia è storico: nel 1879 il generale Julio Argentino Roca conquista i territori centro meridionali dell’Argentina (fino a quel momento in mano ai nativi locali) lasciandosi dietro una scia di sangue e sopraffazione. Il corto parte da una serie di filmati d’archivio simili a dagherrotipi in movimento che riprendono alcuni soldati nel bel mezzo del deserto, c’è però qualcosa di strano: dopo neanche quattro minuti si stacca su un’odierna strada asfaltata percorsa da moto e automobili, altro strappo ed il film muta in una sorta di casting a persone che dovrebbero presumibilmente vestire i panni dei combattenti al fianco del generale Roca in un’opera di finzione. L’impatto dei soggetti che dialogano con Naishtat dietro la mdp ed uno green screen (montato alla buona...) sullo sfondo ricordano le procedure di quel The King’s Body (2012) firmato da João Pedro Rodrigues, infatti anche Historia del Mal pur basandosi su un fatto storico sguscia nel presente e nel personale, ma non troppo a dire il vero: la “questione Roca” rimane il principale topic argomentativo.

Poi, guardando meglio i volti degli intervistati, inizia ad insinuarsi il dubbio che le immagini di repertorio non siano altro che una ricostruzione compiuta da Naishtat perché, a meno di sviste o clamorose somiglianze, sembrerebbe proprio che i protagonisti degli antichi video siano gli stessi di quelli più recenti, ed anche se in apertura si sottolinea che la restaurazione dei filmati è stata effettuata con il patrocinio di un ente argentino, il dubbio, che espande la cifra del film stesso, rimane. Dove invece le certezze paiono più salde è sul senso globale del corto, un senso che prende gli avvenimenti accaduti sul finire dell’800 in quanto particolare che riflette qualcosa di universale, di continuo e persistente, se lo si nota la m di “Mal” è maiuscola ad evidenziarne una propensione trasversale e atemporale (cosa che accadrà in modo simile anche in History of Fear, 2014), non a caso si cita un luttuoso evento contemporaneo riguardante il possibile omicidio di un bambino da parte della polizia, un’altra macchia, un altro vuoto che dilaga, perché come dice il proprietario dell’azienda metallurgica “è sempre la stessa storia, in Europa, in Asia o altrove, c’è un vincitore ed un vinto, ed il vincitore è colui che detta le regole.”

Nessun commento:

Posta un commento