martedì 29 settembre 2015

Contracuerpo

Primo cortometraggio della trilogia A contraluz comprendente Alumbramiento (2007) e The End (2008), Contracuerpo (2005) dell’ispano-americano Eduardo Chapero-Jackson è un film a cui bisogna riconoscere una discreta dose di intelligenza, questo perché l’avvicinamento alla tematica centrale non è di quelli propriamente incanalati barra concisi, il che non può che giocare a suo favore. L’interesse di Chapero-Jackson si posa su una piaga umano-sociale frutto bacato dell’epoca moderna: l’anoressia, tuttavia il suo approccio (privo di dialoghi) insabbia il tema della malattia concentrandosi sulla stranezza della situazione e su flashback ospedalieri (non il massimo dell’originalità) e fotografici (molto belli questi invece).

Certo è che sia la condizione presente all’interno della vetrina che quella riguardante il prima (o magari anche il dopo, c’è una certa sovrapposizione temporale che scompagina l’ordine cronologico, notare il neo della bimba che è lo stesso della protagonista), richiamano senza particolari forzature la condizione psico-fisica della donna, e indubbiamente l’idea del manichino, applicata una buona dose di sospensione dell’incredulità, è… un’Idea maiuscola visti i significati ad essa sottesi, tutte robe che si sentono e risentono tipo “siamo in una società dell’immagine”, “l’importante è apparire”, “ciò che conta è come sei fuori non come sei dentro”, che il regista ben utilizza evitando di moralizzare il contenuto, anzi sotto questo punto di vista il finale è una zampata parecchio riuscita che inscena sarcasticamente il declino del corpo-icona: dalla violazione irridente del ragazzino che lo utilizza come oggetto sessuale, all’immondezzaio dove su un nastro trasportatore viene scartato dal purgatorio del riciclabile per precipitare in un enorme tritatutto. La parabola annichilente si compie, eliminato l’involucro non resta più niente, quel letto che avrebbe dovuto ospitare il corpo di una Persona adesso è malinconicamente vuoto.

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