martedì 28 dicembre 2021

Terra de ninguém

Piacere di conoscerti Salomé Lamas, ho letto che sei nata nel 1987 in un Paese che dagli anni ’10 in poi è diventato un centro gravitazionale del cinema autoriale contemporaneo, il Portogallo, che hai studiato a Lisbona, Praga e Amsterdam, che la tua visione artistica non si riduce solo ai film, che hai allestito mostre fotografiche e video installazioni in alcuni dei più importanti musei del globo, che Terra de ninguém (2012) è uno dei tuoi primi lavori, e io sono ben felice di entrare in contatto con queste possibili nuove prospettive, ad occhio e croce direi che le opere seguenti potrebbero meritare attenzione, nel frattempo concentriamoci su No Man’s Land per descrivere subito a che cosa andiamo incontro: un piccolo parallelo lo si può avanzare con El Sicario, Room 164 (2010), anche qui si ha una pellicola che vive nella frontalità di un’intervista, e anche qui l’intervistato è un uomo che ha ucciso, senza provare rimorso perché era il suo lavoro, si tratta di Paulo de Figueiredo, un all’apparenza comune pensionato portoghese con i baffi che, a detta sua, è stato invece un feroce mercenario al soldo di varie organizzazioni che lo “affittavano” per liquidare qualche malcapitato. La differenza col sicario di Rosi è che quello della Lamas parla di sé a volto scoperto e ci racconta di un’esistenza turbolenta iniziata nelle colonie africane, proseguita nelle file del GAL (un gruppo paramilitare istituito illegalmente in terra spagnola per fronteggiare i terroristi dell’ETA) e arrivata perfino oltre l’Atlantico nella guerrilla di El Salvador, una lunga scia di sangue, di memorie che scorrono di fronte alla mdp della regista, sebbene non sia facilissimo orientarsi tra nomi di politici, fazioni, e qualunque altro riferimento alle tensioni dell’epoca, arriva, più o meno nitidamente, una narrazione atipica, ovviamente terribile e ancora più ovviamente affascinante. 

Nel colloquio le domande di Salomé sono state tagliate dal montaggio finale (sentiamo solo le sue riflessioni in voce over che scandiscono gli incontri avvenuti con de Figueiredo tra il 2011 ed il 2012 strutturati poi attraverso una sequenza di ottantotto brevissimi capitoli), però si evince che al di là del cronachistico si tenta di scendere in profondità sbrogliando questioncine giusto un poco esorbitanti perché non dobbiamo scordarci che chi abbiamo di fronte è un assassino e quindi sarebbe interessante capire il punto di vista di un professionista del settore omicidi & affini in merito alla religione, all’etica, all’empatia. Ma l’uomo seduto sullo sgabello con dietro un telo nero appeso in un ambiente spoglio, abbandonato, di cui vediamo un paio di frame e che risulta una cornice a dir poco perfetta, non si sbottona granché, è un tizio disilluso dalla vita, cinico, con ancora un barlume di umanità solo quando parla della sua famiglia che un giorno vorrebbe riabbracciare, per il resto non c’è nessun rimpianto, nessuna intenzione di redimersi, verso la fine dice che di tutte le persone che ha fatto fuori non ce n’è stata nemmeno una in grado di togliergli il sonno. È una testimonianza truce, cruda, diretta, forse perfino rara, e in un certo senso sarebbe stata sufficiente a tenere in piedi la baracca, eppure la Lamas negli ultimi dieci minuti di Terra de ninguém ci fa imboccare un’altra strada, lascia la casa diroccata per seguire un senzatetto di colore, si allontana da de Figueiredo per insinuare un dubbio, enorme, che riguarda la verità, quella che il sessantaseienne ci ha detto senza però che venisse avvalorata da nessun documento, nessuna controprova [1]. Poi, il signor Paulo, compare in video scherzando con il barbone, ed è qui che il film termina, in un punto interrogativo, nell’ambiguità di un racconto che oscillando tra la sincerità e la menzogna soddisfa chi è arrivato fino lì perché l’incertezza è sempre meglio della certezza. 
A presto Salomé, sono sicuro che ci sentiremo spesso. 
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[1] Facendo una rapida ricerca spunta un articolo di El Pais del 1991 dove si attesta il suo effettivo arresto (link).

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