Poi, più o meno dall’ottavo minuto in avanti, il film si invera, abbandona la componente ludica (se mai c’era stata) per aprirsi ad un’introspezione, notiamo il trio indolente sdraiato su un muretto mentre dei coetanei effettuano esercitazioni si presume scolastiche, dopodiché scende la notte e capiamo che non c’è finzione, che i mocciosi fanno sul serio e che il pane quotidiano è fatto di risse e scazzottate. Nel catturare lo scontro Anthony intensifica con precisa abilità, non solo estetizzando con rallenti e fitti stacchi in nero, ma anche e soprattutto utilizzando la sua voce in modalità off che descrive la normalità di una giornata tipo per un giovane congolese, è un contrasto netto e capiente, lo stridore tra le immagini che vediamo e le parole che ascoltiamo è una ferita, un pozzo nel cui fondo si scorgono due mandorle bianche: sono gli occhi di Patient, sono lo sguardo smarrito di chi non avrà una vita semplice davanti a sé.
lunedì 26 luglio 2021
Chop My Money
Non
sorprende affatto la bontà di un frammento come Chop My Money
(2014) visto che il suo autore,
debuttando due anni dopo con il bislacco ma oltremodo intrigante Rat
Film (2016), dimostrerà
un’energia artistica da tenere a mente, e restando al corto in
oggetto si può dire che Theo Anthony abbia svolto un’intelligente
operazione di modellatura del reale, i dodici minuti che lo
compongono sono infatti la condensazione di sei mesi passati dal
regista nella Repubblica Democratica del Congo. La difficile
situazione locale, immaginabile per noi occidentali, che il filmmaker
americano ha tastato con mano per tutto il periodo del soggiorno è
portata sullo schermo attraverso il filtro infantile di tre ragazzini
del posto che giocano a fare i piccoli boss malavitosi in strada.
Giocano, o forse no:
la questione si scalda esattamente qua: almeno in quella che potremmo
definire una prima parte osserviamo lo scarto possibile tra la
concretezza e l’immaginazione dei bambini, il punto è che,
purtroppo e probabilmente, non vi è scarto alcuno, per Patient e
soci la percezione della loro esistenza è quella che tronfiamente
decantano in camera, è la seduzione della perdizione, della via non
retta, del soldo facile, delle potenzialità disumanizzanti: forse,
non sono ancora effettivamente così,
ma al pari dei tatuaggi disegnati col pennarello è possibile che un
giorno così lo diventeranno per davvero. Ed Anthony li asseconda, ci ricama sopra un
videoclip posticcio, un coperchio “divertente” da cui non può
che emergere un moto di tristezza.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento