Lukas
Valenta Rinner è nato nel 1985 a Salisburgo il che ci permette, con
tutta la pigra comodità critica possibile, di dire ehi, non è un
caso allora se da
Los decentes (2016) le suggestioni bussano
alla porta di due autori austriaci come Seidl, per via di
un’insistenza su quell’estetica del corpo umano sgraziato, e
Haneke a causa di un’incursione nella linda (si fa per dire) classe
agiata argentina, in più il regista si concentra sulla figura di
Belen, una donna timida e malinconica che nel recente cinema
latinoamericano può vantare non pochi predecessori, sia maschili che
femminili (ricordiamo ad esempio i primi film che sovvengono:
Octubre
[2010] e
Porfirio [2011]). Dall’interazione della neoassunta
domestica con un mondo circostante che chiaramente non le appartiene
si innesca un meccanismo “facile”, non così condannabile, ma
veicolatore di un senso che pur operando nell’allegoria è di
rapida comprensione, in sostanza apprendiamo senza particolare sforzo
il disegno concettuale che vede Belen in totale disagio nella realtà
civile in cui vive (prova ne è il non-rapporto con la guardia
del quartiere residenziale) e che di conseguenza trova se stessa
nella comunità di nudisti al di là del recinto elettrificato.
L’opposizione (anche visiva) dei due cosmi è netta e, a causa
della sua evidenza, fa venir meno il piacere di una sua eventuale
esplorazione. Ciò non leva niente alla regia di Valenta Rinner,
all’impostazione geometrica, chirurgica, quasi pittorica impressa
nell’opera.
Poi gli
ultimi venti minuti mutano la connotazione del film. Emerge un altro
significato: qui non si parla tanto di una vicenda personale, non è
soltanto la storia di Belen, è una storia collettiva che traspone
per immagini le disuguaglianze sociali fuori dallo schermo attraverso
un’esacerbazione dal carattere lanthimosiano. Ora, ci sarebbe da
capire se sia stato più abile il regista a mimetizzare i piccoli
segnali d’allarme che rimandavano ad una mappa globale più grande
(il soffermarsi sulle reti), oppure più tonto il sottoscritto a cui
sono sfuggiti, almeno fino alla mattanza conclusiva, i potenziali
sviluppi della situazione inscenata, fatto è che comunque
l’insurrezione dei naturisti che vogliono vendicare il compagno
ucciso è sì e no dilettevole e imprime una svolta non così in
linea con ciò che si è visto fino a quel momento, perlomeno
narrativamente parlando perché di contro l’intelaiatura metaforica
dall’immediato riscontro ci segue passo passo. Però vedibile dài,
sufficiente per tre quarti di proiezione con scatto rispettabile sul
finale.
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