martedì 6 agosto 2019

Arena

Non ci si attendeva niente di diverso per Arena (2009), cortometraggio che viene riconosciuto come debutto da parte di João Salaviza anche se IMDb segnala altri due shorts precedenti, ad ogni modo il lavoro che valse una Palma in quel di Cannes al giovane portoghese si presenta come un titolo propedeutico a tracciare una linea autoriale che successivamente si modellerà in altri esemplari oltremodo simili tra loro, quindi già in Arena possiamo entrare in contatto con un quartiere disagiato pressoché identico a quello immortalato in Rafa (2012) o in Montanha (2015), e se l’ambiente è lo stesso anche gli esseri umani che lo popolano sono fin da adesso gli ultimi gradini della scala sociale, e facendo fede ad un proprio dogma anti-spiegazionista il regista prova (riuscendoci anche) ad immergere chi guarda nella realtà diegetica snellendo la narrazione fino a mostrare il duro osso delle cose che accadono con naturalezza, o perlomeno così ci appare.

Grazie a ciò non è più nemmeno tanto importante che cosa Arena racconti perché il suo spaccato di vita è solo una piccola faccia di un prisma derelitto costituito da ulteriori situazioni che brancolano nella medesima miseria, storie celate che eppure stanno lì, emergono in dettagli che a loro volta figliano altre minuzie e perciò ancora storie, di ragazzi agli arresti domiciliari, di ragazzini che fanno i delinquentelli, e dunque di genitori assenti, di istituzioni desaparecidos, di mancanze affettive, di latitanze legislative. Ecco, nel confine e nei limiti di un quarto d’ora Salaviza si preoccupa di recapitarci il mix di elementi sopraccitato con un andamento uniforme a cui non si rimprovera niente, alla fine questo sotterraneo sentimento di scoramento confluisce nel corpo di Mauro che in una lodevole scena si lascia cadere stremato a terra dopo aver contemplato il torrido cielo sopra la città, come se improvvisamente i problemi di una vita sbagliata (rinchiudere un pivello in un bagagliaio… bah, ne vale la pena?) lo avessero folgorato e subito tramortito.

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