lunedì 5 marzo 2018

La noche

Non ci sono titoli di testa per La noche (2016), non ci sono nomi, interpreti, registi, case di produzione, c’è solo una cosa: il film che inizia nel niente di una casa a Buenos Aires, un uomo vaga al suo interno, lo stesso uomo vagherà anche fuori in una notte che è più una stagione esistenziale che l’antitesi del giorno, il buio e l’umida penombra sono infatti il clima generale in cui versa la pellicola e non è difficile pensare che tale oscurità si trovi anche nell’anima di tutta un’umanità devastata dalla cocaina e dal sesso, ma non è un’opera in cui si possono leggere chissà quali metafore, il pregevole lavoro di Edgardo Castro (qui alienato protagonista e al debutto dietro la mdp) è una finestra su un reale che diventa quasi iper, è l’esacerbazione di un dato cinema contemporaneo (ad esempio quello di Cristi Puiu) che tenta l’impresa impossibile di valicare i limiti della rappresentazione per indirizzarsi nel nucleo gelido e nauseante di una verità che riesce a darsi in modo autentico, che trasuda un mondo a cui si crede che sia così poiché così viene colto e somministrato. La visione non è propriamente agevole in quanto Castro vuole destabilizzare proprio l’atto del “vedere”, difficile che ciò si trasformi in “vivere” per lo spettatore, ma rimane la concretezza di un’esemplare cinematografico con un’altissima coerenza formale ed espositiva che, lasciatemi esagerare, nel suo continuo reiterarsi, girare in tondo ed inabissarsi diventa un mantra nero con una personale trascendenza.

E sì perché un plot classico con un inizio, uno sviluppo e una conclusione non esiste, il film è palindromo e lo si potrebbe guardare cominciando dalla fine o da metà che poco cambierebbe, ovviamente chi non porta pazienza verso metodi smaccatamente autoriali è bene che ritorni all’Acr, gli altri avranno la possibilità di accedere a traiettorie dirette come un razzo in un nichilismo che Noé gradirebbe assai e che comprende il continuo traviamento di qualunque etica, ciò intontisce e genera una latente assuefazione: sarebbe potuto andare avanti ancora per ore La noche nel presentare innumerevoli studi pruriginosi sempre più torbidi e malsani, e avrebbe potuto, inoltre, essere ancora più esplicito (vediamo molti rapporti orali ma praticamente nessun rapporto sessuale completo) senza risultare compiaciuto perché la via di trasmissione, come detto nel paragrafo sopra, riduce al minimo le pecche della finzione e allora se finisce per risultare naturale anche un campionario di fellatio e pippate i complimenti vanno fatti sul serio. Non è semplice vedere La noche e non lo è nemmeno scriverne, vorrei dire, ad esempio, che alla fine in questo profondo mare di disaffezione dove anche l’intimità è comprata (“vuoi dormire con me? Ti pago…”) si profila addirittura il tremolante ologramma di un sentimento che non si sa bene cosa sia (amicizia, amore?) e che Castro lascia astutamente al di là del vetro utilizzando per la prima volta un piano frontale, ma temo di non essere particolarmente convincente, d’altronde non lo si può essere visto che una recensione, anche la più bella e perfetta (ammesso che possa esistere), non è altro che la sterile propaggine del film stesso, per cui La noche va Visto, e di tutto il resto non vi è importanza alcuna.

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