mercoledì 27 dicembre 2017

Elena

Guardando Elena (2012) si capiscono meglio le ragioni che hanno spinto Petra Costa a girare Olmo e il gabbiano (2015), perché anche se si tratta di pure supposizioni ritengo sia plausibile pensare che la regista brasiliana abbia intravisto in Olivia Corsini la proiezione di Elena, sorella suicida nel 1990 a New York, di cui questo documentario spurio ci racconta la sua breve vita, o meglio, è Petra stessa che invadendo lo schermo si lascia a sua volta invadere da chi guarda rendendoci partecipi di un flusso mnemonico che non può fare a meno di sciogliersi in una amara nostalgia la quale, e lo dico da umile spettatore, ha in precisi frangenti un’intensità da non sottovalutare, il che ricorda piacevolmente quali possono essere le caratteristiche investenti di un cinema “buono”, tanto che anche delle immagini d’archivio, dei banali filmini casalinghi, provocano emozioni vere se utilizzate nel modo e in un contesto adeguato. E la Costa mi pare che sappia quello che fa, Elena è un lavoro che poggiandosi su una ricerca impossibile (la ricerca dell’invisibile, del fantasma) ha ricordato al sottoscritto The Last Time I Saw Macao (2012) ma più per un suo vagabondare in digitale tra i labirinti del passato e quelli del presente che per una vicinanza tematica, infatti Elena si dimostra fin da subito un’opera cogentemente più intima di quella portoghese, e con ogni probabilità la dimensione personale che Petra Costa è riuscita a creare è uno dei ritratti familiari più privati e al contempo accessibili che il cinema abbia mai mostrato.

Rischiando di far scemare tutto nel de gustibus asserisco con discreta sicurezza che la notevole quantità di video d’annata riguardanti Elena o il resto della famiglia non ha allentato l’attenzione verso il film, anzi ho trovato nel complesso tale scelta una dimostrazione sì e no apprezzabile di forza filmica, ovvero quell’energia che fa veleggiare i significati in alto, come il dolce tragitto di un aliante. Per arrivare a ciò la Costa modella un lungo collage di immagini e pensieri che presentandosi dinnanzi agli occhi diventano sempre più un unico getto proveniente da uno ed un luogo soltanto: il cuore, di Petra ovviamente, che lo apre, lo pesta, lo porge nel rivedere se stessa tra le braccia di Elena, bellissima e triste, granulata dalla bassa qualità estetica del tempo a cui fa da contraltare il primo piano in alta definizione di quel che rimane, oggi, di una madre che ha perso la figlia. È un diario per-non-dimenticare Elena, per nulla nostro sebbene ci venga data la possibilità di entrarvi e di sfiorare un minimo il gelo nero della perdita definitiva, ed è anche un amorevole esorcismo, una liberazione da parte della giovane autrice dei macigni che non andranno via ma la cui marchiatura artistica ne mitigherà un poco il dolore. Ad ogni modo questi aspetti che appartengono più a Petra che a chiunque altro a noi interessano meno, seduti sul divano, sul letto, dentro, sopra, con il vostro pc che lampeggia la sua luce verdognola o con il vostro portatile poggiato sullo sterno che irradia un calore accogliente, pensate a Chris Marker, al cinema, a Elena e ad Elena

Nessun commento:

Posta un commento