lunedì 27 giugno 2016

La demora

La demora (2012) non è il primo e non sarà di sicuro l’ultimo film a trattare certi argomenti (di recente avete potuto vedere Florida [2015] di Philippe Le Guay) poiché il tema della demenza senile si presta bene a forum in cui un regista può artisticamente esprimersi, e l’uruguaiano Rodrigo Plà si cimenta in materia con un approccio allineato a molti film sudamericani visti negli ultimi anni accomunati da una similare atmosfera (vedi Whisky [2004], Leap Year [2010], Las Acacias [2011], ecc.) e quindi la sottrazione diventa un atto di fede registica dove tutto o quasi è trattenuto, sedato, rabbonito, è il solito contrasto che così si crea: sulla scena dobbiamo confrontarci con un dramma notevole, ma suddetto dramma viene trasmesso senza accenti o intensificazioni di sorta e procedendo sottotraccia questo genere di opere avanzano, al netto di qualche inciampo, verso il cuore delle cose, quel nucleo narrativo che sorregge le storie.

C’è però un grosso problema alla fonte nel film di Plà che riguarda proprio la componente drammatica, difatti una domanda si pone da sola: qual è l’origine dell’elemento tragico? Il punto è dolente perché l’elemento in esame proviene dalla scrittura, ovvero dalla sceneggiatura, a causa della quale il film si ammanta di un meccanismo pieno di forzature in cui il ricorrere alla sospensione dell’incredulità non è abbastanza. Purtroppo in una dimensione finzionale come quella de La demora che si affida esclusivamente ad un metodo di trasmissione canonico fatto di cause ed effetti, il piano della figlia per far sì che il padre venga accettato in una struttura di ricovero bypassando la burocrazia, è di una fragilità lampante oltre che una mera strumentalizzazione per toccare la sensibilità spettatoriale giocando facilissimo: lasciare un vecchietto malato e indifeso sulla panchina di un parco non può che suscitare pietà, ma accendendo l’interruttore critico e soffermandosi sui fatti visti e sui loro presupposti (la difficile situazione esistenziale della donna), è legittimo additare un dispositivo di tal fatta.

Tentando un paragone sbagliato (poiché paragonare è di per sé un metro di giudizio errato) tra La demora e Cavallo Denaro (2014), possiamo constatare un diverso avvicinamento ad una mente in regressione come quella dei due vecchietti protagonisti dei rispettivi film, è chiaro che l’idea di Costa è di un livello superiore perché non si interessa dell’esteriorità, delle conseguenze provocate dalla malattia sulle persone che vi entrano in contatto, ma tenta l’impossibile proiettandosi in un cervello obliato, Plà al contrario mostra appena appena il vedibile della superficie, sta all’intrepido spettatore la scelta di dove voler posare il proprio sguardo.

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