mercoledì 8 giugno 2016

The Calm

È piuttosto interessante questo cortometraggio peruviano presentato nella sezione apposita di Berlino ’11 da un debuttante di nome Fernando Vílchez Rodríguez, perché La calma (2011) lavora molto e abbastanza bene nel reparto sensoriale, evitata la didascalia ci sono le immagini e i significati che emanano: teoricamente il film dovrebbe raccontarci di un violento terremoto che colpì la città di Pisco nel 2007, ma di informazioni sul sisma non ne riceviamo, anzi l’inizio è estraneo e astratto, scandito da una storiella che non lesina una certa inquietudine (ecco il sopraccitato impegno nel campo percettivo), inquadrato perfino in un piano simbolico dove il cadavere in putrefazione di una foca (o qualcosa di simile) mangiucchiato dai cani evoca della roba brutta trascorsa da un non troppo lontano tot di tempo. La conoscenza che facciamo col terremoto è brutale: immagini di repertorio nell’immediata post-catastrofe (altro elemento che gioca a favore del regista, sfaccettature e incatalogabilità), delirio e grida tra la polvere e le macerie, una testa che spunta dai detriti. Si avverte nel pseudo-prologo che il cataclisma ha avuto effetti di portata traumatizzante, non vengono esibiti, ci sono solo insetti frenetici che brulicano nel cranio della bestia spiaggiata.

La calma a cui allude il titolo, ovvero il dopo, ovvero il corpo dell’opera, è una “rappresentazione” di quello che è rimasto; le premesse, forse, promettevano un’intensità che nel prosieguo non si riesce propriamente a ravvisare, Vílchez Rodríguez “si perde un po’” nel rapporto tra l’incorporeità del protagonista – che è sullo schermo principalmente sottoforma dei pensieri esplicitati in forma scritta – e l’ingombrante corporeità dello sfasciume che lo circonda condito dal frastuono delle operose ruspe. Cioè, non mi pare ci sia un vero e proprio laccio/causa-effetto tra lo stato di devastazione della città e le intenzioni di fuga del tipo, o meglio, sulla carta le potenzialità ci sono, nei fatti meno, però va bene uguale: oltre la non precisa coesione è comunque gradita l’instillazione epifanica che rimanda in altri spazi e tempi, probabilmente La Vera Calma è quella lì, la sensazione (appunto) di serenità che scaturisce dalla visione della casa della madre con i nipotini, lontano dalla costa, dalla disgrazia e via dicendo. Finale aperto e visivamente rabbioso, interpretazioni cercasi, ma non disperatamente.

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